Come l’ambiente urbano accoglie e favorisce il camminare determina come le persone percepiscono, usano e vivono la città. Il concetto di camminabilità è un tentativo programmatico di spingersi oltre l’accessibilità e di rilevare come e quanto l’ambiente urbano è in grado di offrirsi come piattaforma di vita quotidiana. Inoltre, La camminabilità intesa come capacità urbana fa riflettere sulle pratiche di pianificazione delle dotazioni urbane, e suggerisce una possibile via operativa di integrazione della base informativa utilizzata per descrivere e valutare la componente urbana della qualità della vita.
Il contributo intende fornire alcuni spunti di riflessione sul rapporto tra arte contemporanea e processi di riappropriazione, risignificazione e riattivazione di luoghi e paesaggi. Per orientarsi in un territorio tanto scivoloso si è scelto di seguire due traiettorie. La prima definisce in modo più preciso l’ambito di riferimento, l’artivismo. La seconda lo colloca in una dimensione fisica, ma anche e soprattutto concettuale, il paese. In questa prospettiva la Basilicata offre un punto d’osservazione privilegiato.
I problemi relativi all’attuazione del PNRR, a due anni dal suo avvio sono numerosi: allo stato attuale va segnalata una rilevante mancanza di trasparenza sui progetti attuati e sul loro stato di avanzamento, nonché un rallentamento della spesa effettuata rispetto a quella prevista; è evidente che la Pubblica amministrazione non è ancora all’altezza della sfida.
La domesticizzazione della donna mediante l’attribuzione di una presunta maggiore propensione nella gestione dei lavori domestici ma anche nella decorazione della casa è, sin dalla sua nascita, un processo essenziale per la sopravvivenza del capitalismo. L’abitare collettivo e collaborativo si offre come un bisogno, uno strumento di liberazione delle donne e come strategia di riformulazione di un abitare più affine alla condizione familiare e affettiva contemporanea.
In diverse città italiane, è ben noto il fenomeno dei ragazzi in condizioni NEET che patiscono condizioni di disagio e implicano un problema per il futuro del paese. Il progetto Se.Po.Pas in corso di realizzazione a Napoli, Reggio Calabria e Messina, selezionato e finanziato da Impresa Sociale con i Bambini è una delle pratiche di innovazione sociale in cui è implicata l’università che prova una particolare pratica di public engagement.
Il Covid-19 ha prodotto effetti differenziati sull’economia delle regioni italiane: un impatto maggiormente immediato al Nord, ma maggiori difficoltà nella fase di recupero per il Sud. Le determinanti primarie di queste differenze possono essere individuate in fattori strutturali quali composizione settoriale, propensione al lavoro a distanza, disponibilità di capitale umano e tecnologia, apertura internazionale e partecipazione alle catene del valore globali. Le prospettive future, in particolare per il Mezzogiorno, dipendono dall’evoluzione del contesto geo-politico globale e dalla capacità delle politiche pubbliche di incidere sulle debolezze strutturali delle economie regionali.
Come conseguenza dei fenomeni di accentramento di opportunità e finanziarizzazione della casa, il tema dell’accesso all’abitazione nei contesti urbani più dinamici è tornato rilevante insieme al problema dell’housing affordability – l’insostenibilità dei costi abitativi.
In questo numero della rivista DiTe online presentiamo un primo gruppo di contributi tratti dal volume dal titolo “The regional challenges in the post-Covid era”, curato da Annalisa Caloffi, Marusca De Castris e Giovanni Perucca per la collana Scienze Regionali di FrancoAngeli. Il volume raccoglie alcuni contributi presentati nella conferenza AISRe 2021, in cui vari scienziati regionali e urbani hanno discusso vari aspetti della cosiddetta ‘nuova normalità’ del post-Covid. Questo primo gruppo di saggi analizza diverse dimensioni delle disparità socioeconomiche generate o esacerbate dalla pandemia, discutendone l'evoluzione sia a livello locale sia all'interno dei luoghi.
In anni recenti molti esponenti del mondo accademico e tra i policy makers si sono schierati contro la narrazione dominante che le zone marginali siano destinate ad un inesorabile destino di abbandono e lenta scomparsa. Esistono in realtà alcuni territori, che abbiamo definito ‘vibranti’, capaci di resistere alla tendenza allo spopolamento adattandosi alla loro perifericità. Comprendere quali siano gli elementi esogeni, o quali le risorse endogene su cui hanno fatto perno, diviene un importante fattore di conoscenza per chi ha la responsabilità di proporre strumenti per promuovere la coesione territoriale e ridurre le disparità territoriali.
Nel mezzo della pandemia un adagio spesso ripreso nella conversazione pubblica recitava che ne saremmo usciti migliori. Abbiamo considerato la crisi sanitaria come possibile agente di cambiamento in grado di orientare in modo originale i comportamenti collettivi, auspicabilmente in meglio. La pandemia non è ancora terminata, ma è già possibile un primo bilancio a partire da alcuni ambiti della vita sociale ed economica: il lavoro, il commercio, il turismo e il mercato immobiliare.
Il patrimonio culturale, se adeguatamente valorizzato, può rappresentare un motore di sviluppo locale. Mettere la cultura al centro di politiche dedicate allo sviluppo significa puntare ad investire sulle specificità locali, sulle potenzialità delle risorse territoriali, sulle conoscenze, le capacità e il capitale sociale allo scopo di stimolare creatività, innovazione e progresso sostenibile. Le potenzialità del patrimonio culturale sono molteplici, come le sfide da affrontare per garantire strategie di valorizzazione lungimiranti ed efficaci.
I Luoghi Urbani di Mobilità sono i nodi complessi del trasporto pubblico attorno ai quali ripensare la mobilità e la qualità della vita della città pubblica. Con un cambio di paradigma: vedere in questi centri non solo una funzione trasportistica, ma un’occasione di rigenerazione dei contesti in cui sono collocati.
La pubblica amministrazione ha adottato tre politiche a supporto degli spazi di coworking in Italia: le politiche del lavoro, di innovazione sociale e di sviluppo locale. La pandemia ha innescato una nuova domanda di spazi di lavoro pubblici sulla stregua delle esperienze di successo nel nord Europa. Privati cittadini hanno promosso la costituzione di ‘presidi di comunità’ ottenendo un sostegno pubblico. In questo contesto si inserisce l’Associazione di Promozione Sociale “South Working-Lavorare dal Sud” che studia e monitora i presidi di comunità come luoghi in cui stimolare l’ecosistema creativo locale e instaurare un fertile rapporto tra la comunità dei south worker e le comunità locali.
Il PNRR è un’opportunità per l’Italia per le risorse economiche che mette in campo ma anche per la valenza strategica adottata e coerente con gli obiettivi del Green Deal europeo. Diverse le questioni alle quali porre attenzione in fase attuativa per le ricadute e gli impatti che avranno su città e territori, alcune esaminate in questo numero.
È possibile mettere in moto una riflessione culturale ampia e integrata per declinare la complessità di una riforma in corso che riguarda gli arenili italiani? È possibile sfuggire alla cultura economica egemone riduzionista e incapace di proporre un progetto all'altezza della situazione per valorizzare un importante capitale pubblico dove sono incastonate delle infrastrutture private?
Il dibattito internazionale sul riuso adattivo dei luoghi del patrimonio culturale e sugli impatti multidimensionali che questi asset generano attraverso processi community-based rappresenta il contesto in cui si inserisce la sperimentazione SSMOLL: San Sebastiano del Monte dei Morti Living Lab. Il riuso dell’ex chiesa “dei Morticelli”, attivo nel centro storico di Salerno dal 2018, è un processo di ricerca-azione in cui il riuso di un bene comune diventa lo strumento per innescare comunità attive e sostenere le capabilites degli abitanti. Attraverso un percorso adattivo, il riuso del Bene ha determinato l’avvio di un più ampio processo di rigenerazione urbana esteso all’intero quartiere.
Nel 2023 si chiuderà definitivamente la politica di coesione 2014-2020, ma c’è ancora tanto da spendere. Ad oggi risulta speso dall’Europa solo il 62,6% della dotazione finanziaria del FESR e FSE 2014-2020 e in Italia il 51,7%. Un focus dedicato agli Stati europei e alle regioni italiane analizza l’intensità variabile in cui vengono allocati i Fondi in relazione al grado di sviluppo dei territori
Urbanistica contrattuale è il titolo scelto per una ricerca che ho condotto in questi ultimi anni. Il messaggio proposto si ricava dall’aggettivo posto nel titolo a designare l’urbanistica come una pratica di reciprocità, specialmente se la rigenerazione urbana è il fulcro principale. La cornice di senso dell’urbanistica contrattuale, infatti, è quella di un territorio ampiamente urbanizzato e infrastrutturato, obsolescente in molte sue parti, con una densa accumulazione di diritti, competenze, norme e prassi in equilibrio spesso precario.
La coesione territoriale è una priorità del PNRR: si prevede di riservare alle regioni meridionali il 40% delle risorse “territorializzabili”; tuttavia, i requisititi richiesti di bandi e la capacità di progettazione della PA possono vanificare questi propositi.
Il reinsediamento manifatturiero nelle aree urbane è da anni oggetto di riflessione e costruzione di politiche pubbliche in diverse metropoli globali. L’insediamento e la crescita di imprese nel campo della manifattura digitale e del nuovo artigianato sono perseguiti allo scopo di contribuire al rilancio del ceto medio correlato a nuovi processi di rigenerazione. Tale tematica chiama in causa il rapporto fra aree urbane e territori produttivi che nel caso di Milano suggerisce nuove forme di divisione del lavoro fra il capoluogo lombardo e il Made in Italy su scala nazionale.
L’urbanistica di genere è una disciplina che si propone di pianificare le città includendo le differenze di bisogni e necessità tra i generi, contribuendo a migliorare la vita quotidiana di quei soggetti che la pianificazione urbana ha storicamente omesso. È una pratica che permette di riscontrare come le città siano la rappresentazione concreta delle disparità tra i generi che caratterizzano la nostra società.
Negli ultimi decenni la rigenerazione ha assunto un ruolo primario nelle politiche urbane, divenendo rapidamente egemone tra le strategie destinate al patrimonio esistente. Tuttavia, non tutto ciò che è dismesso può essere rigenerato e sono molte le condizioni territoriali nelle quali la prospettiva della rigenerazione è illusoria e retorica. Quali sono le criticità, quali le potenzialità e quali le sfide per questi patrimoni?
Le ex aree militari si mostrano come potenziali volani di rigenerazione urbana, ma un insieme di fattori eterogenei e frammentati tra di loro ne stanno impedendo percorsi di riuso virtuosi: questi ultimi dovrebbero virare su approcci inter- e multidisciplinari in armonia con il governo del territorio.
La Direttiva 2006/123/CE, cosiddetta Bolkenstein, “liberalizza” l’esercizio delle attività economiche con forti ripercussioni sulla regolamentazione italiana nel rilascio delle concessioni demaniali a finalità turistico-ricreative a operatori economici privati. Riflettere sul futuro delle coste implica aprire una discussione profonda e articolata capace di oltrepassare questioni specifiche e di svelare nuove potenzialità di vasti territori.
Viviamo in un’epoca di cambiamenti paradigmatici, di natura tecnologica, economica e sociale, che si susseguono a ritmi mai verificatisi prima d’ora. La rivoluzione tecnologica...