Francesco Sbetti

Urbanista, membro del Consiglio Nazionale dell’INU, Professore a contratto presso il dipartimento di Architettura dell’Univesità di Ferrara Ha svolto numerosi studi in merito alla questione della casa in Italia tra i quali l’osservatorio Casa del Comune di Venezia e a Bolzano ha curato il settore politiche abitative del Rapporto dal Territorio dell’INU.

Case per chi e dove

Le politiche pubbliche per la casa in Italia si sono sempre concentrate sul sostegno all’acquisto della prima casa, assegnando al mercato della locazione, in particolare quello pubblico, un ruolo residuale. Oggi la questione abitativa è legata alla crescita del numero delle famiglie e alla crescita dell’immigrazione. Si tratta di una domanda sociale espressa da soggetti che risultano “deboli” nei confronti del mercato abitativo e che non possono acquistare un’abitazione sul mercato privato. A ciò si aggiungono le difficoltà sul mercato dell’affitto privato a causa dei costi elevati rispetto ai redditi e alla quota limitata di alloggi in locazione.

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Una Call per gli Autori

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I vantaggi economici e sociali del reinsediamento manifatturiero nelle aree urbane

Il reinsediamento manifatturiero nelle aree urbane è da anni oggetto di riflessione e costruzione di politiche pubbliche in diverse metropoli globali. L’insediamento e la crescita di imprese nel campo della manifattura digitale e del nuovo artigianato sono perseguiti allo scopo di contribuire al rilancio del ceto medio correlato a nuovi processi di rigenerazione. Tale tematica chiama in causa il rapporto fra aree urbane e territori produttivi che nel caso di Milano suggerisce nuove forme di divisione del lavoro fra il capoluogo lombardo e il Made in Italy su scala nazionale.

Dalla rigenerazione alla rimilitarizzazione delle ex caserme dismesse. Il caso della Caserma Trieste a Casarsa della Delizia

La storia dell’ex Caserma Trieste racconta le politiche atte a riscattare quest’area abbandonata per farne un modello utile a realtà simili. Purtroppo, nel quadro geopolitico grandemente mutato, l’importanza del confine nord-orientale italiano assume un nuovo ruolo e la retrocessione dei luoghi ex-militari alle comunità locali è più così certa.

Distanti ma vibranti. La capacità dei luoghi di adattarsi alla perifericità

In anni recenti molti esponenti del mondo accademico e tra i policy makers si sono schierati contro la narrazione dominante che le zone marginali siano destinate ad un inesorabile destino di abbandono e lenta scomparsa. Esistono in realtà alcuni territori, che abbiamo definito ‘vibranti’, capaci di resistere alla tendenza allo spopolamento adattandosi alla loro perifericità. Comprendere quali siano gli elementi esogeni, o quali le risorse endogene su cui hanno fatto perno, diviene un importante fattore di conoscenza per chi ha la responsabilità di proporre strumenti per promuovere la coesione territoriale e ridurre le disparità territoriali.

Il progetto NEO a Gagliano Aterno

I piccoli paesi appenninici ribollono di complessità e divengono luoghi fertili per territorializzare alternative culturali e socioeconomiche in tempi di transizione ecologica ed energetica. La dimensione di scala, i vuoti relativi e la posizione decentrata rispetto ai grandi centri antropizzati facilitano tali ambizioni. Attraverso la formazione di operatori di comunità, facilitatori territoriali e neo-popolamento si sperimentano trasformazioni ideologiche e materiali in spazi fragili e marginalizzati sul campo attraverso diversi progetti.