29 Settembre, 2023

I vantaggi economici e sociali del reinsediamento manifatturiero nelle aree urbane

Tempo di lettura: 4 minuti

Il tema del reinsediamento manifatturiero nelle aree urbane era oggetto di riflessione e costruzione di politiche pubbliche in diverse metropoli globali, ancora prima che la pandemia e la guerra in Ucraina contribuissero a ridisegnare la geografia delle filiere produttive globali.New York ne aveva fatto un programma politico-amministrativo a partire dallo scorso decennio. Il rapporto “Make it here, The future of ma-nufacturing in NYC”, redatto dal Center for an Urban Future un lustro fa, individuava nei settori della stampa in 3D, nelle lavorazioni artigiane ad alto valore aggiunto del legno e dei metalli e nel food una traiettoria di sviluppo produttivo e occupazionale per una città attenta anche al tema della rigenerazione urbana. Anche Parigi ha promosso a partire dal primo mandato della Sindaca Anne Hidalgo un programma che prende il nome di “Fabriquè a Paris” con l’obiettivo di promuovere la diversità e la ricchezza della manifattura parigina. Mentre Barcellona ha promosso una coalizione di fablab e altri attori nel campo della produzione e della formazione, aderendo alla rete delle Fab City.

Sulla stessa scia si è mossa Milano a partire dal 2017 con il Programma “Manifattura Milano” sulla scorta di un ritorno di attenzione al lavoro artigiano, testimoniato dal successo di diverse pubblicazioni sul tema, di mostre come NewCraft a Milano e Homo Faber a Venezia e dalla scelta di diversi marchi in ambito moda e design di valorizzare, anche nella propria comunicazione, i processi produttivi e, dentro questi, il lavoro umano. È come se venisse finalmente sollevato il pesante sipario calato negli anni Ottanta, quando si esaltava la sola dimensione simbolica e edonistica del prodotto, occultando il lavoro che lo genera.

Figura 1 – Artigianato 4.0 @pinterest

Come ho provato a documentare in “Città Prossime”, il mio ultimo lavoro edito per Guerini, l’obiettivo di rendere le città ecosistemi abilitanti per la nascita, l’insediamento e la crescita di imprese nel campo della manifattura digitale e del nuovo artigianato viene perseguito, in diversi contesti urbani, allo scopo di contribuire a generare lavoro buono per il ceto medio, correlato a quello – non secondario – di favorire processi di rigenerazione.

Non tutto ciò che si vende o si compra è semplicemente una merce; a volte può capitare di acquistare delle opere. Accade quando il lavoro che c’è dietro un manufatto o una soluzione tecnologica è in grado di determinare il fine del processo produttivo, di controllarlo e non di esserne controllato. Un tempo si sarebbe parlato di lavoro non alienato. Che si tratti di un maker che progetta e costruisce protesi digitali per bimbi disabili o valvole per connettere i respiratori ai flussi di ossigeno, come è successo in Lombardia nella primavera 2020; oppure di un artigiano che produce cappelli-opere su misura delle teste che calzeranno, o di un super-meccanico che restaura auto d’epoca, questi lavoratori hanno in comune una comprensione complessiva del processo produttivo cui si applicano e, soprattutto, vedono una convergenza tra il momento creativo, progettuale, intellettuale della propria attività e quello manuale.

Il rilancio della vocazione manifatturiera urbana, infatti, ha implicazioni rilevanti non solo in termini economici, ma anche sociali.

Prima di tutto contribuisce a dare qualità inclusiva allo sviluppo. Il ritorno (e il rilancio) di attività manifatturiere consente di offrire opportunità di crescita professionale a un’ampia platea di profili che rientra in quella che a lungo abbiamo chiamato classe media. Milano, per esempio, ha offerto possibilità di lavoro non solo a startupper e finanzieri, ma anche a tecnici qualificati, artigiani di nuova generazione capaci di sfruttare Arduino per ripensare le proprie attività, diplomati Its che lavorano fianco a fianco con ingegneri e designer per inventare i prodotti del futuro. In altre parole, la manifattura avanzata è generatrice di quelli che gli anglosassoni definirebbero good jobs.

Figura 2 – Made Again Challenge, 2017. Space10 and Fab City Research Lab

Quando ragioniamo di manifattura urbana, inoltre, chiamiamo in causa il rapporto tra aree urbane e territori produttivi che è stato al centro dello sviluppo industriale del paese, anche nella sua forma di distretto, tipicamente nelle regioni del nord est e del centro Italia. Nel caso di Milano, il rilancio della città manifatturiera suggerisce nuove forme di divisione del lavoro fra il capoluogo lombardo e il Made in Italy su scala nazionale. Se la città diventa lo spazio di contaminazione fattivo fra una tradizione manifatturiera di qualità, di cui la provincia italiana è da sempre portatrice sana, e un’innovazione che si sviluppa sul piano della tecnologia e del design, il contributo di Milano alla crescita del paese si fa più chiaro e leggibile. Contribuendo a ridisegnare, in termini maggiormente coesivi, il rapporto tra aree urbane, città medie e aree interne che, per usare un’espressione di Bagnasco, è andato “fuori squadra” negli ultimi decenni.

Per ulteriori approfondimenti:

Tajani, C. (2021). Città prossime. Dal quartiere al mondo: Milano e le metropoli globali. Milano: Guerrini e Associati – https://www.amazon.it/Citt%C3%A0-prossime-Dal-quartiere-mondo/dp/8862508182/ref=nodl_?dplnkId=02f4c4a2-a9ee-4100-b3a6-6f4dcc996238

Articoli correlati

Introduzione – Città e territorio: il lascito di Roberto Camagni

Il 3 aprile 2023, il mondo scientifico è rimasto attonito alla notizia della scomparsa di Roberto Camagni, pioniere negli studi dei fenomeni territoriali. La sua scomparsa rappresenta una grande perdita per le scienze regionali, come testimoniano le numerose condoglianze da colleghi di tutto il mondo. Roberto Camagni era noto per le sue nuove idee nel campo dell'interpretazione dei fenomeni territoriali e urbani, contribuendo a formulare politiche adeguate. La sua vasta carriera di ricerca ha dimostrato la sua ricchezza intellettuale e il suo stile di ricerca che coniugava teoria astratta e approccio empirico, basando l'analisi concettuale sempre su una critica costruttiva dei modelli teorici.

Interazione tra elementi endogeni e macroeconomia nella dinamica economica del territorio

Roberto Camagni ha teorizzato sul ruolo attivo e propulsivo dei fattori territoriali nell'economia locale, mettendo in luce le economie di agglomerazione e l'importanza del territorio come fonte di dinamiche economiche e capacità innovative per le imprese locali. Con questo non ha mai negato, da economista rigoroso e colto qual era, la dimensione macroeconomica nell'interpretazione della crescita regionale e ha guidato la creazione del modello MASST, un modello che ha sempre dimostrato una capacità interpretativa di shock esogeni quali COVID-19 e la ripresa post-crisi del 2008 molto elevata, anticipando andamenti che sono risultati ex-post veritieri.

Il milieu innovateur: oltre il distretto industriale

Negli anni '80, il GREMI è stato fondato per studiare il ruolo dello spazio nell'innovazione. Roberto Camagni è stato uno dei fondatori e ha introdotto il concetto di "milieu innovateur" per enfatizzare il ruolo dei territori nello sviluppo dell'innovazione. Ha sottolineato l'importanza dell'accesso a conoscenze esterne e delle reti di imprese per la competitività dei cluster. Uno studio sui distretti calzaturieri italiani ha confermato l'importanza dell'accesso a conoscenze esterne e dei legami territoriali. I contributi di Camagni hanno anticipato le sfide dei distretti italiani e dei cluster globali, trasmettendo l'importanza di pensare in modo innovativo alle future generazioni di studiosi.

Capitale territoriale e sviluppo locale

Roberto Camagni ha contribuito in molti campi dell'economia regionale e urbana, portando sempre in considerazione le implicazioni pratiche dei suoi concetti e analisi. Era una persona appassionata che si interessava ai problemi concreti e passava rapidamente dalla teoria alla pratica. Uno dei suoi contributi più importanti riguarda la teoria del capitale territoriale, definendo gli elementi del capitale territoriale e sottolineando l'importanza della complementarietà tra di loro. Inoltre, ha dimostrato l'importanza del milieu nello sviluppo locale e ha affrontato la questione della competitività territoriale. Ha inoltre sottolineato l'importanza di politiche di coesione che coniughino efficienza ed equità.

Gli elementi intangibili nel legame tra patrimonio culturale e sviluppo locale

Roberto Camagni è noto per la sua abilità nel comprendere, interpretare e spiegare fenomeni territoriali complessi. Ha contribuito in vari settori dell'economia regionale, fornendo quadri concettuali appropriati per contestualizzare gli aspetti territoriali. Il suo lavoro ha identificato e descritto accuratamente le diverse caratteristiche territoriali, promuovendo una comprensione profonda dei fenomeni analizzati. Ha fornito anche stimoli nell’ambito dell’economia della cultura, considerando il patrimonio culturale come parte del "capitale territoriale" e come determinante di sviluppo endogeno. Il suo lavoro ha contribuito all'analisi del patrimonio culturale e influenzerà future ricerche in questo campo.