26 Aprile, 2024

I vantaggi economici e sociali del reinsediamento manifatturiero nelle aree urbane

Tempo di lettura: 4 minuti

Il tema del reinsediamento manifatturiero nelle aree urbane era oggetto di riflessione e costruzione di politiche pubbliche in diverse metropoli globali, ancora prima che la pandemia e la guerra in Ucraina contribuissero a ridisegnare la geografia delle filiere produttive globali.New York ne aveva fatto un programma politico-amministrativo a partire dallo scorso decennio. Il rapporto “Make it here, The future of ma-nufacturing in NYC”, redatto dal Center for an Urban Future un lustro fa, individuava nei settori della stampa in 3D, nelle lavorazioni artigiane ad alto valore aggiunto del legno e dei metalli e nel food una traiettoria di sviluppo produttivo e occupazionale per una città attenta anche al tema della rigenerazione urbana. Anche Parigi ha promosso a partire dal primo mandato della Sindaca Anne Hidalgo un programma che prende il nome di “Fabriquè a Paris” con l’obiettivo di promuovere la diversità e la ricchezza della manifattura parigina. Mentre Barcellona ha promosso una coalizione di fablab e altri attori nel campo della produzione e della formazione, aderendo alla rete delle Fab City.

Sulla stessa scia si è mossa Milano a partire dal 2017 con il Programma “Manifattura Milano” sulla scorta di un ritorno di attenzione al lavoro artigiano, testimoniato dal successo di diverse pubblicazioni sul tema, di mostre come NewCraft a Milano e Homo Faber a Venezia e dalla scelta di diversi marchi in ambito moda e design di valorizzare, anche nella propria comunicazione, i processi produttivi e, dentro questi, il lavoro umano. È come se venisse finalmente sollevato il pesante sipario calato negli anni Ottanta, quando si esaltava la sola dimensione simbolica e edonistica del prodotto, occultando il lavoro che lo genera.

Figura 1 – Artigianato 4.0 @pinterest

Come ho provato a documentare in “Città Prossime”, il mio ultimo lavoro edito per Guerini, l’obiettivo di rendere le città ecosistemi abilitanti per la nascita, l’insediamento e la crescita di imprese nel campo della manifattura digitale e del nuovo artigianato viene perseguito, in diversi contesti urbani, allo scopo di contribuire a generare lavoro buono per il ceto medio, correlato a quello – non secondario – di favorire processi di rigenerazione.

Non tutto ciò che si vende o si compra è semplicemente una merce; a volte può capitare di acquistare delle opere. Accade quando il lavoro che c’è dietro un manufatto o una soluzione tecnologica è in grado di determinare il fine del processo produttivo, di controllarlo e non di esserne controllato. Un tempo si sarebbe parlato di lavoro non alienato. Che si tratti di un maker che progetta e costruisce protesi digitali per bimbi disabili o valvole per connettere i respiratori ai flussi di ossigeno, come è successo in Lombardia nella primavera 2020; oppure di un artigiano che produce cappelli-opere su misura delle teste che calzeranno, o di un super-meccanico che restaura auto d’epoca, questi lavoratori hanno in comune una comprensione complessiva del processo produttivo cui si applicano e, soprattutto, vedono una convergenza tra il momento creativo, progettuale, intellettuale della propria attività e quello manuale.

Il rilancio della vocazione manifatturiera urbana, infatti, ha implicazioni rilevanti non solo in termini economici, ma anche sociali.

Prima di tutto contribuisce a dare qualità inclusiva allo sviluppo. Il ritorno (e il rilancio) di attività manifatturiere consente di offrire opportunità di crescita professionale a un’ampia platea di profili che rientra in quella che a lungo abbiamo chiamato classe media. Milano, per esempio, ha offerto possibilità di lavoro non solo a startupper e finanzieri, ma anche a tecnici qualificati, artigiani di nuova generazione capaci di sfruttare Arduino per ripensare le proprie attività, diplomati Its che lavorano fianco a fianco con ingegneri e designer per inventare i prodotti del futuro. In altre parole, la manifattura avanzata è generatrice di quelli che gli anglosassoni definirebbero good jobs.

Figura 2 – Made Again Challenge, 2017. Space10 and Fab City Research Lab

Quando ragioniamo di manifattura urbana, inoltre, chiamiamo in causa il rapporto tra aree urbane e territori produttivi che è stato al centro dello sviluppo industriale del paese, anche nella sua forma di distretto, tipicamente nelle regioni del nord est e del centro Italia. Nel caso di Milano, il rilancio della città manifatturiera suggerisce nuove forme di divisione del lavoro fra il capoluogo lombardo e il Made in Italy su scala nazionale. Se la città diventa lo spazio di contaminazione fattivo fra una tradizione manifatturiera di qualità, di cui la provincia italiana è da sempre portatrice sana, e un’innovazione che si sviluppa sul piano della tecnologia e del design, il contributo di Milano alla crescita del paese si fa più chiaro e leggibile. Contribuendo a ridisegnare, in termini maggiormente coesivi, il rapporto tra aree urbane, città medie e aree interne che, per usare un’espressione di Bagnasco, è andato “fuori squadra” negli ultimi decenni.

Per ulteriori approfondimenti:

Tajani, C. (2021). Città prossime. Dal quartiere al mondo: Milano e le metropoli globali. Milano: Guerrini e Associati – https://www.amazon.it/Citt%C3%A0-prossime-Dal-quartiere-mondo/dp/8862508182/ref=nodl_?dplnkId=02f4c4a2-a9ee-4100-b3a6-6f4dcc996238

Articoli correlati

Salute e territorio: quali connessioni?

L'analisi dei dati ISTAT sulle spese comunali del 2020 rivela l'impatto della pandemia sulla sanità territoriale. Mentre alcuni interventi sono stati interrotti per la paura del contagio, altri hanno richiesto maggiori risorse. Il PNRR ha avviato riforme attese da tempo, come il DM 77, definendo modelli per l'assistenza territoriale. È cruciale concentrarsi sulla sanità di prossimità, specialmente nelle aree interne. Il concetto di One Health guida le politiche, evidenziando l'interconnessione tra ambiente, salute umana e animale. L'Italia, nonostante un'elevata aspettativa di vita, affronta sfide demografiche. È necessario riorientare le politiche per affrontare le patologie croniche, garantendo la sostenibilità del sistema sanitario.

Il PNRR per il socio-sanitario: le riforme previste

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) è fondamentale per la ripresa post-pandemia in Europa. In Italia, si focalizza su inclusione e salute, destinando rispettivamente il 9% e l'8% del budget. La Missione 5 mira a riformare l'assistenza alle persone disabili e anziane non autosufficienti, mentre la Missione 6 si concentra sulla sanità territoriale e l'innovazione. Tuttavia, manca un'approccio integrato tra le due missioni, nonostante la chiara interconnessione tra salute e qualità della vita quotidiana, come dimostrato dagli impatti della pandemia da Covid-19.

Le regole per la sanità (e la salute) di prossimità

La salute è un sistema che interviene con azioni diverse sulla malattia ma è anche gioco d’anticipo sulla stessa. Un anticipo che, senza una visione di lunga durata e di pervasività nella società, appare spesso come una spesa rinviabile o un optional. La prevenzione, nelle sue diverse sfaccettature, la medicina di prossimità, le prestazioni a domicilio, sono, al contrario, un investimento obbligatorio sul futuro, strettamente connesso all’uso delle risorse (umane, tecnologiche, economiche) disponibili sul territorio.

La spesa dei comuni per i servizi sociali: trend e divari territoriali

L'analisi del 2021 sui Conti Pubblici Territoriali mostra che l'Italia investe consistentemente in sanità e servizi sociali, con una spesa media di 2.179€ per la sanità e 1.474€ per interventi sociali pro capite. Nel 2020, i comuni hanno destinato 7,85 miliardi di euro, lo 0,47% del PIL, ai servizi sociali, con un aumento del 4,3% rispetto al 2019. Le disparità regionali sono evidenti, con il Nord che supera il Mezzogiorno. Il 36% della spesa comunale va agli interventi diretti, il 32% alle strutture e il 31% ai trasferimenti in denaro, con un notevole aumento nel 2020. Si notano aumenti nella spesa per povertà e disagio, ma preoccupa il calo degli investimenti per gli anziani, nonostante l'invecchiamento della popolazione.

La struttura demografica italiana e l’importanza dell’integrazione socio-sanitaria

L'Italia affronta una struttura demografica regressiva con un numero sempre più alto di anziani rispetto ai giovani. L'indice di vecchiaia nel 2023 è del 193,1%, indicando una popolazione anziana in crescita. La bassa natalità e l'incremento dell'aspettativa di vita creano sfide per il sistema socio-sanitario. La Legge n. 33 del 2023 si propone di affrontare queste sfide promuovendo politiche per l'invecchiamento attivo e l'assistenza agli anziani non autosufficienti. L'integrazione tra servizi sanitari e sociali diventa cruciale per la sostenibilità del sistema.