27 Luglio, 2024

La contrazione del personale comunale e la sfida delle risorse aggiuntive

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Per dare corso in modo efficace agli interventi del PNRR e della politica di coesione, la maggior parte dei quali in capo ai comuni, risulta prioritario il tema della capacità dell’amministrazione di spendere le risorse aggiuntive senza sacrificare le attività ordinarie e il lavoro quotidiano che viene già svolto dall’ente locale.
La priorità nasce dal fatto che la mole di risorse per investimenti che dovranno gestire i comuni sarà quasi doppia rispetto all’ordinario e che il personale delle amministrazioni comunali è mediamente anziano e in continua e forte contrazione.
Tale situazione è lo specchio dell’intera pubblica amministrazione italiana: il personale della PA è innanzitutto sottodimensionato (SVIMEZ, 2022), basti pensare che rappresenta il 13,2% del totale della forza lavoro nazionale, contro una media OECD di circa il 18%. È inoltre tra i più “vecchi” come conseguenza dell’effetto combinato di due variabili distorsive, ossia l’età media più alta dell’intera popolazione italiana e soprattutto un basso tasso di ricambio del personale stesso. Infine, il personale della PA si caratterizza per un’elevata anzianità di servizio, che indica la lentezza ancora una volta del ricambio generazionale in corso e le difficoltà ad accedere al mondo del lavoro.
Concentrandoci sui comuni, secondo le elaborazioni dell’Ufficio Analisi ed Elaborazione Dati Economia Territoriale di IFEL-Fondazione ANCI sul Conto Annuale IGOP-MEF, il loro personale in servizio si è ridotto negli ultimi 15 anni del 28,4%, come conseguenza di specifiche scelte del decisore pubblico, che ha agito su molteplici fronti, dai blocchi retributivi, alle misure di contenimento del numero di occupati (es. limitazione del turnover o blocco delle assunzioni da parte dei comuni per il ricollocamento dei dipendenti soprannumerari delle province).
Nel 2021, infatti, ultimo anno per il quale sono disponibili i dati del Conto Annuale, il personale in servizio delle amministrazioni comunali ammonta a 343.269 unità (Figura 1), di cui 337.505 dipendenti, 3.445 dirigenti, 2.295 segretari comunali e 24 direttori generali, contro le 479.233 unità complessive del 2007 (dei 7.904 comuni italiani esistenti al 31.12.2021 è stato censito il personale in servizio in 7.596 comuni, nei quali vive complessivamente il 99% della popolazione residente in Italia.).
Le riduzioni percentuali più significative, pari al -3,2%, al -3,1% e al -4,0%, sono quelle rilevate nel passaggio tra il 2011 e il 2012, tra il 2014 e il 2015 e tra il 2017 e il 2018: nel primo periodo, infatti, il personale comunale in servizio è diminuito, in valore assoluto, di oltre 14mila unità, nel secondo periodo di 13mila e nel terzo di oltre 15mila unità. Anche nel passaggio dal 2019 al 2020 la variazione percentuale è significativa e pari al -3,8%. Tra il 2020 e il 2021 la flessione è del -1,4%.

Figura 1 – Il personale in servizio delle amministrazioni comunali, 2007-2021. Fonte: elaborazione IFEL-Ufficio Analisi ed Elaborazione Dati Economia Territoriale su dati Ministero dell’Economia e delle Finanze, anni vari

Oltre a tale preoccupante riduzione della forza lavoro, si aggiunge la diminuzione degli addetti negli uffici tecnici dedicati alla progettazione delle opere pubbliche, ossia il bacino di unità responsabili di seguire più direttamente la complessa filiera degli investimenti comunali.
Le evidenze empiriche mostrano una riduzione del personale comunale impegnato proprio nella pianificazione: si tratta del -18% tra il 2015 e il 2021, un tasso più elevato rispetto alla riduzione registrata per il complesso del personale comunale durante lo stesso arco temporale (-15%).
La presenza di blocchi occupazionali, soprattutto se protratti nel tempo, oltre ad aver ridotto il numero di addetti nel comparto dei comuni, ha modificato profondamente la struttura della forza lavoro innalzando l’età media del personale, da 47 anni nel 2007 a 52 anni nel 2021: un dipendente su 5 supera i 60 anni di età, mentre poco più dell’11% ha meno di 40 anni.
Tale condizione ha prodotto inevitabilmente conseguenze dirette sull’adeguatezza in termini di qualificazione degli addetti e sulla capacità di sostenere nuovi impegni lavorativi. L’elevata età media del personale, elemento caratterizzante l’intero organico della PA italiana anche in confronto con gli altri Stati membri dell’Unione europea (Commissione europea, 2021), può impattare infatti sulle prestazioni, sulla motivazione, sulla formazione, sull’utilizzo di nuove tecnologie e sul trasferimento di know-how.
Le reiterate norme sul blocco del turnover hanno mortificato infatti le politiche di ricambio generazionale, l’autonomia organizzativa e la ricerca di nuove professionalità in grado di far fronte alle crescenti richieste di competenze indispensabili per l’operatività dei comuni, veri “enti di prossimità” nell’erogazione dei servizi ai cittadini.
E non è tutto. Le diverse ondate di riforme che hanno caratterizzato la Pubblica amministrazione a partire dall’inizio degli anni ‘90 ispirate “all’aziendalizzazione degli uffici pubblici” hanno lasciato molto poco delle peculiarità del mondo del lavoro privato e appannato “il senso di responsabilità per il servizio pubblico”. Il depauperamento degli uffici comunali, ma più in generale delle amministrazioni pubbliche, fa emergere ormai con nettezza la “questione capitale umano” che va oltre l’approccio al lavoro pubblico sinora affermatosi e che si è limitato prevalentemente ad un discorso assunzionale e ai relativi spazi finanziari. Basti pensare che i dipendenti comunali “cessati” per cause diverse dal pensionamento nel periodo 2015-2021 sono in totale circa 80mila, il 23% dell’attuale personale comunale in servizio.
Questa non è una emorragia ma una fuga. Stipendi non competitivi, progressioni di carriera poco chiare e con tempi lunghissimi, procedure concorsuali bibliche, hanno ridotto sovente l’impiego pubblico ad una sorta di ripiego o peggio un luogo di passaggio in attesa di qualcosa di meglio.
Doppia beffa per i comuni: le fatiche d’Ercole per poter riuscire ad assumere, con un dispendio di risorse finanziarie che nessuna impresa privata sosterrebbe mai, e una volta raggiunto l’obiettivo – dopo mediamente 3/5 anni – avanza e prevale l’insostenibile leggerezza per il posto fisso ovvero l’attrazione per il mercato.

(*) Il lavoro riflette esclusivamente le opinioni degli autori senza impegnare la responsabilità dell’Istituzione di appartenenza.

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