27 Luglio, 2024

Lo spazio ed il significato attribuiti alla giustizia spaziale nella formazione universitaria degli architetti e dei pianificatori di domani in Brasile: buone teorie, cattive prassi

Tempo di lettura: 6 minuti

Nell’ambito di un più ampio progetto di ricerca volto ad esplorare in forma comparativa il tema della giustizia spaziale nella pianificazione metropolitana tra Italia e Brasile, con alcuni colleghi brasiliani abbiamo investigato lo spazio e il significato attribuiti a questo tema in alcune università locali. Attraverso un questionario distribuito ai professori dei corsi di laurea e post-laurea di studi urbani delle Università Federali degli Stati di Rio de Janeiro (UFRJ) e di Goiás (UFG), abbiamo chiesto la loro opinione riguardo: (i) il significato di giustizia spaziale; (ii) se e come questo argomento venisse affrontato nella loro attività didattica; (iii) la preparazione dei professionisti architetti-urbanisti di domani su questo tema.
Pressoché tutte le risposte fornite riguardo la definizione di giustizia spaziale sono state allineate alle linee guida della politica urbana dell’Estatuto da Cidade : una legge nazionale basata sull’agenda del Movimento per la Riforma Urbana, che ha sempre promosso la funzione sociale della città e della proprietà, per garantire le condizioni necessarie alla riproduzione sociale (Santos Junior, 2011). In particolare, i termini più comuni utilizzati per definire la giustizia spaziale sono stati l’uguaglianza di accesso alle risorse urbane, la loro distribuzione bilanciata e la loro equa fornitura, sottintendendo il principio rawlsiano di differenziazione: coloro che hanno più bisogno dovrebbero essere coloro che traggono maggior beneficio.
I termini di principio, tuttavia, contrastano con l’organizzazione sociale delle metropoli brasiliane, che si basano sul modello tradizionale di centro-periferia e su quello di vicinanza fisica e la distanza sociale (Ribeiro, 2018). Il centro, il luogo per i gruppi sociali più privilegiati, è ben fornito di infrastrutture e servizi urbani, che invece mancano nella periferia, il luogo per le persone più vulnerabili dal punto di vista sociale. Al contempo, coesistono recenti modelli ossimorici di “vicinato distante”: da una parte sorgono baraccopoli nelle zone più nobili delle metropoli, dall’altra vengono eretti nuovi lussuosi condomini orizzontali “gated” nelle tradizionali periferie povere.
In relazione al secondo quesito, tutti i partecipanti hanno affermato di trattare il tema della giustizia socio-spaziale nella loro attività didattica. Abbiamo poi mostrato una lista di argomenti correlati al tema e abbiamo chiesto quale spazio ognuno di essi occupasse nelle discipline insegnate dai professori nei corsi di laurea (fig. 1) e post-laurea (fig.2). Non sono emerse significative differenze tra gli argomenti prevalenti nei corsi di laurea o post laurea, né tra i due atenei, e gli argomenti meno votati sono stati per tutti (in ordine decrescente) la gentrificazione, la ghettizzazione e la sicurezza urbana.

Figura 1 – Spazio dedicato agli argomenti correlati al tema della giustizia socio-spaziale nei corsi di laurea in studi urbani

Nonostante gli sforzi di sensibilizzazione su questo tema nei corsi di studi urbani, è stato rilevato che le disuguaglianze socio-territoriali nelle città brasiliane continuano a crescere; denunciando la necessità di una discussione più ampia su questo argomento a livello sociale e non solo nei corsi di laurea specifici.

Figura 2 – Spazio dedicato agli argomenti correlati al tema della giustizia socio-spaziale nei corsi post-laurea in studi urbani

Per quanto riguarda la preparazione degli architetti-urbanisti di domani ad affrontare le questioni di giustizia spaziale nella professione, le risposte sono state prevalentemente positive seppur parzialmente contrastanti tra i due atenei: all’UFG, il 22% ha detto che gli studenti sono adeguatamente preparati, l’11% ha detto di no e il 67% ha risposto “in parte”; all’UFRJ le rispettive percentuali sono risultate del 70%, del 15% e del 15%. Le risposte “in parte” intendono dire che l’università prepara adeguatamente gli studenti, ma che le pressioni del mercato ostacolano lo sviluppo effettivo della giustizia spaziale all’interno delle pratiche. L’opinione generale era che l’istruzione pubblica prepari meglio ad affrontare le questioni sociali rispetto a quella privata, che è più concentrata sulle richieste del mercato.
In conclusione, è opportuno mettere in evidenza alcuni aspetti contestuali che certamente hanno condizionato gli esiti dell’indagine. In primo luogo, dobbiamo considerare che la ricerca è stata condotta all’interno del contesto specifico dell’università federale pubblica. L’istruzione universitaria in Brasile, infatti, differisce molto tra il sistema pubblico e quello privato: non solo per quanto riguarda la qualità (è ritenuta migliore quella pubblica, non solo dagli intervistati “di parte”, ma anche dai ranking internazionali), ma soprattutto per quanto riguarda il suo ruolo sociale, essendo “adempiente a un ruolo costituzionale nel garantire l’accesso e la gratuità all’istruzione superiore” (Galvão, Cabral, Maurer 2020, p.10). Inoltre, l’università federale comprende solo il 15,5% di tutti gli studenti universitari del Brasile (Dietrich, 2015), quindi i risultati della ricerca non sono rappresentativi a livello nazionale, né di tutto il sistema universitario federale e pubblico brasiliano, essendo in attività più di 800 scuole di “architettura e urbanismo”, di cui solo 72 sono pubbliche (Chiodi, Kneib, 2020).
Infine, seppure l’indagine abbia rivelato che l’università federale prepari adeguatamente i propri studenti ad affrontare i temi della giustizia spaziale; tuttavia, le pressioni del mercato rappresentano un ostacolo per le prestazioni professionali e per le azioni pratiche da intraprendere in questo senso, in quanto dominiate da scopi di lucro. Pertanto, considerando che l’istruzione superiore in Brasile è principalmente privata e molto influenzata dal mercato, dovremmo riflettere sulla scarsa probabilità che il tema della giustizia spaziale sia ivi considerato. In aggiunta, il modello educativo di “qualificazione tecnica per il mercato del lavoro” promosso dal recente (2019-2923) governo federale del presidente J. Bolsonaro non ha certo contribuito a formare i progettisti e pianificatori urbani di domani a stare dalla parte della giustizia spaziale nella loro professione. Il migliore scenario auspicato, dunque, è il mantenimento del suo ruolo sociale dell’università pubblica e la sua capacità di promuovere l’istruzione orientata alla giustizia spaziale nel grave contesto di disuguaglianza socio-territoriale che caratterizza le città brasiliane.

Approfondimenti

Articoli correlati

Il regionalismo conflittuale del secolo scorso di fronte alle nuove sfide

Il regionalismo conflittuale del secolo scorso si trova oggi di fronte a sfide globali e tecnologiche che ne evidenziano l’inadeguatezza. Le previsioni degli anni '90 sulla fine degli stati nazionali e sull'emergere di un'Europa delle Regioni si sono rivelate illusorie, incapaci di rispondere alle nuove dinamiche imposte dalla globalizzazione, dal reshoring delle imprese e dalla crescente interconnessione tecnologica. Oggi, la riforma del titolo V della Costituzione e la spinta autonomistica mostrano i limiti di una politica incapace di adattarsi a tali cambiamenti, aumentando la confusione nei rapporti fra lo Stato e le Regioni e intensificando i conflitti tra forze politiche e territori.

Politicizzare la “restanza”

La marginalizzazione delle aree interne non è un esito di dinamiche naturali, bensì il risultato di politiche pubbliche urbanocentriche, che hanno aumentato le disuguaglianze territoriali. Per invertire le tendenze servono sguardi nuovi, dare voce ai residenti, a chi è restato e a chi è tornato a vivere in altura, ascoltare chi vuole partire, gli innovatori, quanti manutengono e rafforzano le relazioni e l’economia minuta dei paesi. Sul piano delle politiche, bisogna superare la normatività del tot e costruire nuove forme di intervento pubblico attente alle persone nei singoli luoghi.

Un welfare su misura per le aree demograficamente rarefatte

Le trasformazioni demografiche in atto in Italia hanno già, e avranno in un futuro molto vicino, importanti ricadute sulla coesione sociale. Richiedono attente valutazioni nel campo delle politiche di welfare e percorsi sperimentali da avviare in tempi rapidi. Perché non iniziare dai contesti territoriali in cui la presenza umana si è ridotta più marcatamente, nelle aree interne contrassegnate dalla rarefazione demografica? Servono un approccio place based e uno sguardo che fa del margine un osservatorio privilegiato per l’analisi di questioni che riguardano l’intero Paese.

Spopolamento e bellezza, accoglienza e parola

Le politiche di contrasto allo spopolamento delle aree interne possono diventare vincenti se sensibili ai luoghi e alle persone che li abitano, se strettamente connesse e ispirate alle peculiarità del territorio e all’identità culturale di chi ci vive. Dovrebbero alimentare, in chi non ha ancora abbandonato la propria terra e nei giovani che si sono assentati per studiare o che sono andati a lavorare altrove, la consapevolezza di quello che il territorio ha da dare. In modo da innescare “sguardi nuovi” su “antiche certezze”, attualizzare il presente senza dimenticare il passato, immaginare come essere protagonisti nel futuro. In tutto questo la “bellezza” e la “parola” sono due dimensioni fondamentali, innate e presenti, magari dormienti e pertanto riattivabili

Libere, non coraggiose. Per pianificare città più sicure per tutti i corpi

La paura del crimine è un problema più grave del crimine stesso», diceva Rachel Pain nel 2001. In particolare, la paura che donne e soggettività queer percepiscono negli spazi pubblici, soprattutto di sera e di notte, è un argomento di cui oggi più che mai è necessario occuparsi. Sebbene la percezione di insicurezza sembri essere più legata a narrazioni mediatiche che alla effettiva pericolosità delle città, è importante mettere a fuoco i fattori che concorrono a questa sensazione e, attraverso analisi di casi specifici, delineare una serie di pratiche utili a trasformare le nostre città e realizzare spazi pubblici più sicuri e accessibili per tutti.