Inutile attesa di un nuovo quadro normativo nazionale?
L’adeguamento del legislatore italiano alla direttiva 2006/123/CE, cosiddetta Bolkenstein, che estende la liberalizzazione anche al mondo delle concessioni demaniali marittime a finalità turistico-ricreative, avviene con un ritardo che lascia sgomenti da un punto di vista giuridico e legislativo. Allo stesso tempo però non può non far riflettere sulla spinosa situazione cui sicuramente darà luogo: politica e amministrativa ma soprattutto sociale e economica degli operatori concessionari, dell’indotto dei lavoratori, e, last but not the least, degli utenti del servizio balneare. Ciò in relazione anche alla diversità degli approcci al tema da parte delle istituzioni locali, regioni e comuni, oltreché degli operatori privati e delle associazioni di settore, lungo i ben ottomila chilometri di costa della penisola italiana. La scelta dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato con le due sentenze gemelle nn. 17 e 18 del 9 novembre del 2021 di un’ulteriore proroga sino alla fine del 2023, rispetto alla sentenza che avrebbe previsto un blocco immediato delle concessioni balneari, può essere interpretata come una last chance o una last call per il Governo italiano di prendere parte a questo cambiamento epocale in termini di concessioni a privati di un bene comune e pubblico per l’espletamento di servizi relativi alle attività ricreative e turistiche che hanno luogo sull’arenile.
Si tratterebbe di un’ “ultima chiamata” per far sì che lo Stato, fra Governo e Parlamento, su una questione quantitativamente e qualitativamente così rilevante (un elenco di dati probabilmente spaventevole per quantità di suolo, beni ambientali e culturali, valori economici, soggettività territoriali coinvolte), possa intervenire per il riordino normativo in vista delle ormai troppo prossime gare per il rinnovo delle concessioni, altrimenti lasciate esclusivamente sulle spalle delle amministrazioni comunali. I comuni si troverebbero a gestire questioni annose e animatissime quali quelle degli indennizzi dei concessionari uscenti (caso per caso?) o il necessario riconoscimento delle competenze locali, insieme all’opportunità – che Bruno Barel chiama “auspicio” – di riconsiderare i canoni concessori quando sono predeterminati o irrisori. Le gare per l’assegnazione delle nuove concessioni possono essere considerate un’opportunità da non perdere anche per sviluppare progetti capaci di tener conto dell’“intero sistema turistico-ricettivo […] locale”, e, soprattutto, per integrare le due dimensioni che in questo caso potrebbe risultare come la vera innovazione: la pianificazione pubblica e la creatività dei privati. Una pianificazione pubblica che ad ora è assegnata a strumenti particolareggiati degli arenili o troppo rigidi per le innovazioni del servizio balneare o troppo poco efficaci per la tutela dell’ambiente e per l’adattamento agli effetti del cambiamento climatico. Un processo creativo dei privati concessionari che nell’innovazione dei servizi balneari e della loro accessibilità possa cambiare l’idea stessa di innovazione, intesa non come una progressione lineare rispetto ad un avanzamento funzionale quanto piuttosto come ciò che si misura in base ad effetti di natura sistemica in ambito sociale, ambientale ed economico.
Entro questa prospettiva il rinnovo dello strumento della pianificazione particolareggiata dell’arenile, integrato di alcune valutazioni strategiche legate a nuovi quadri conoscitivi della specificità dei comparti turistici ricettivi, ai tipi di accessibilità territoriale e urbana (mobilità sostenibile) e al design urbano adattivo in relazione alla vulnerabilità dei contesti ma anche per il miglioramento delle performance ambientali e microclimatiche locali, potrebbe essere un supporto efficace nella definizione dei parametri qualitativi dei bandi e per la valutazione delle proposte. Un’opportunità che però non potrà attendere di conoscere se dal Governo e del Parlamento arriveranno indicazioni sul quadro di riferimento normativo.
La spiaggia come servizio
Se si assumono come esempio le spiagge del medio e dell’alto adriatico (fra Marche, Emilia-Romagna e Veneto), più che le bellezze paesaggistiche, ciò che le accomuna largamente è sicuramente quello di essere caratterizzate da sempre dal servizio alla balneazione e per l’elioterapia. Ciò a partire dall’equazione perpetratasi per più di un secolo: spiaggia uguale a sdraio più ombrellone). Nel tempo, progressivamente, cambiando negli anni in relazione alla diversificazione della domanda locale e turistica nazionale e internazionale, l’arenile in concessione è divenuto uno spazio di progettazione di vari tipi e forme di molteplici servizi in aggiunta a quelli originari (sportivi, della ristorazione, della cultura, del divertimento notturno, ecc.). Oggi l’interesse potrebbe volgere, da uno sguardo dalla città verso la spiaggia, ad un servizio che si declina sul tema dell’accessibilità, fisica – orientata all’universalità degli utenti -, economica (il rapporto fra spiagge pubbliche e in concessione, un certo equilibrio nella diversificazione dei costi dei servizi balneari, fra prezzi calmierati e non), nelle modalità di trasporto sostenibile per raggiungere le spiagge. Viceversa, con uno sguardo dal mare verso la città, a partire dall’erosione delle coste, dal cuneo salino, dalla permeabilità degli ambiti urbani prossimi le spiagge, dalla fragilità idraulica di molti contesti urbani costieri, si può considerare l’arenile come il punto di partenza di progetto di servizi ecosistemici anche in ambito costiero.
L’interesse del progetto delle spiagge come servizio volge, oggi, sulla possibile coesistenza di una dimensione “metro-balneare”, storicamente determinata, dell’arenile con funzioni turistico ricettive e ambito di riferimento urbano-territoriale – retroterra – e una dimensione “metro-marina” dove la costa intesa come un transetto profondo tanto da tenere insieme mare e città-territorio come campo di interventi adattivi che partecipano alla cosiddetta transizione ecologica. Una dimensione ibrida del progetto fra servizio turistico-ricettivo e servizio ecosistemico.