Neopopolamento in Appennino
Divenire neo-abitanti di un piccolo paese dell’Appennino è una scoperta che è geograficamente dietro l’angolo ma ontologicamente all’altro capo del mondo. Vi è una metamorfosi che si insinua nel corpo e tenta di sedurti in un viaggio che permette di modificare il proprio sguardo, garantendo punti di vista inediti sul presente e sul futuro. Ti accorgi di star acquisendo consapevolezze in merito alla possibilità di avere agibilità ritrovate, riscopri un sentire collettivo e con esso dialoghi. Si aprono spiragli in cui creatività e fiducia nel futuro ri-acquistano dignità e salute. Si incontra l’altro quotidianamente e se ne assorbe la cultura, l’ideologia, l’appartenenza. La percezione muta, è ricorrente interrogarsi sul tipo di relazione che intercorre tra uomini ed energia, tra istituzioni ed economia, tra uomo e natura. L’illusione è che tutto torna ad essere piccolo, visibile, tangibile, meno opaco.
Ogni paese è una forma di produzione di senso che incarna l’umano interrogando le sue dimensioni ontologiche. È il risultato di secoli e secoli di trasmissione di una lingua, di posture, di cose che si mangiano e non si mangiano, di reti familiari, saperi arcaici e di rapporti con la natura e lo spazio. Habitat che consentono maggiore capacità di mettersi in gioco; in relazione ad un mondo che cambia così velocemente da non permettere la produzione di simboli condivisi in grado di governare ed orientare il presente. Per divenire neo-abitanti bisogna avere pazienza, accompagnare le giornate con ascolto e racconto di sé, bisogna passare per benedizioni accreditanti da parte delle comunità che sono rimaste a vivere questi luoghi.
Queste ultime devono poterti riconoscere come appartenente al proprio gruppo e trasmetterti quella produzione di senso, ovvero quella “paesanità” fatta di ricette custodite gelosamente, toponomastica condita di aneddoti e orientamento socioculturale, riti, leggende, accenti e significati emici. Deve essere trasmessa una geografia composta da relazioni di parentela, da interessi, proprietà e posizioni prese nei confronti della natura, dei generi, delle parole e dello stato, pur restando la consapevolezza reciproca che lo stesso processo di neo-popolamento andrà a modificare quel sentire comune. L’approccio nella fase di ingaggio non può che essere mite, rispettoso e propenso all’ascolto: nei paesi si entra in punta di piedi, bussando alle porte, raccontandosi con la volontà di redistribuire autoritas. Il primo ostacolo che si incontra è il fatalismo, una bolla culturale ormai molto diffusa in occidente che, se perforata, apre a scenari inediti in termini di autodeterminazione.
Oltre il fatalismo, verso l’autodeterminazione
Magia che sembra essere accaduta a Gagliano Aterno, in Valle Subequana. Un piccolo paese in provincia dell’Aquila di 254 residenti situato all’interno del Parco regionale Sirente Velino. Da alcuni anni si susseguono continue iniziative partecipate da tutta la comunità, supportata da gruppi di giovani scienziati sociali, partner accademici, industriali e dall’amministrazione comunale. È perenne meta di “pellegrinaggi laici” da parte di giornalisti, amministratori, attivisti, ricercatori, studiosi e curiosi e ciò facilita lo scambio di competenze, risorse, visioni e contaminazioni culturali. Tutto nasce dall’elezione di un giovane sindaco determinato e da un percorso di ricerca-azione e di attivazione di comunità sperimentale iniziato a marzo 2021 e sviluppato mediante una convenzione tra il comune di Gagliano Aterno (AQ) e l’Università della Valle d’Aosta (progetto Montagne in Movimento).
Le metodologie del progetto MIM-Montagne in Movimento provengono dagli approcci dell’antropologia pubblica, applicata e trasformativa in contesti di montagna. La sfida del gruppo è accompagnare amministrazioni e comunità in processi di trasformazione radicali e ambiziosi. Le previsioni, infatti, indicano un prossimo “accastellamento”: tra alcuni anni probabilmente sarà un privilegio vivere in luoghi di montagna per via della carenza di acqua, del riscaldamento climatico, delle pandemie ed altre novità del nostro millennio, come studi del settore e il covid hanno già parzialmente dimostrato. Per anticipare i tempi, dunque, sembra una via interessante quella di operare da subito in questi contesti per creare le condizioni necessarie per uno sviluppo dei paesi che non ripercorra le coordinate urbane a base individualista e consumista bensì consenta percorsi innovativi di autodeterminazione. Il trucco è cercare di convogliare risorse, competenze e aspirazioni e non abbandonare mai il mantra: il futuro è un fatto culturale e dipende dagli incontri e dagli scontri che le comunità che vivono in questi luoghi fanno.
Ad oggi la comunità gaglianese, attraverso un lungo processo partecipativo, ha coltivato apertura culturale e immaginari di fiducia e possibilità, ha allenato la cooperazione e generato aspirazione condivise. Condizioni necessarie per l’arrivo di nuovi abitanti, la creazione di servizi, nuove economie e la possibilità di sperimentare una comunità energetica. L’immaginario precede la realtà e l’aspirazione è quella di rivendicare un abitare alternativo, capace di cavalcare le trasformazioni sociali in corso. Una posizione rivendicata in cui vi è bisogno di direzioni per poter essere in movimento. In tal caso la bussola sociologica ci indica la presenza di trasformazioni sociali impellenti ed epocali che ripercorrono al contrario quelle concretizzatisi nel dopoguerra, in cui si è passati da società agricola ad industriale. Oggi la frontiera del post-industriale va abitata e costruita negli spazi vissuti e per rispondere a tali sfide è necessario formare operatori di comunità. Figure professionali capaci di ingaggiare, accompagnare, attivare e supportare le comunità locali applicando metodi partecipativi e gli approcci della ricerca-azione. Gli operatori di comunità sono stati pensati ed utilizzati quando le migrazioni portavano a valle, nella scorsa transizione ecologica, attraverso il Piano Marshall o le politiche di Olivetti. Figure professionali che finirono per divenire presto forme di assistenzialismo e mutare forma e funzione.
Prepararsi alla trasformazione
In questo contesto, da marzo 2022, ha preso il via il progetto NEO, ovvero un’infrastruttura capace di accogliere nel paese abruzzese giovani con il desiderio di abitare in montagna e formarsi su tematiche relative alla transizione ecologica. Attraverso una call pubblica, a cui hanno risposto 28 persone da tutta Italia, sono stati selezionati ragazze e ragazzi con il desiderio di passare dei mesi della propria vita a Gagliano Aterno. I selezionati sono stati accolti dal paese, è stata data loro gratuitamente una casa e sono stati seguiti da tutor scientifici. Due le posizioni aperte nella call; la prima linea d’azione “Nuove esperienze ospitali – Domanda di montagna” nasce da un dato: una “domanda di montagna” in forte crescita, che troppo spesso non trova canali adatti per far sì che chi nutre il desiderio di vivere in questi luoghi possa farne esperienza diretta ed avere l’occasione di testarsi. L’obiettivo dichiarato dagli ideatori del progetto era di supportare lo sviluppo di percorsi di inserimento socio-lavorativo di vita e/o imprenditoriale di nuovi abitanti permanenti o semi-permanenti. La seconda linea d’azione è la “Scuola immersiva di attivazione di comunità e transizione ecologica”, che in prima istanza individua i paesi di montagna come un campo fertile in cui sperimentare forme di transizione energetica e trasformazioni socioeconomiche radicali. NEO rappresenta un percorso iniziato che ha molto ignoto avanti a sé, è pensato per replicare immaginari, modelli e metodi nei paesi appenninici. A dare sostegno alle aspirazioni, vi è la massima di Mark Fisher in “Realismo capitalista”: “l’evento più minuscolo può ritagliare un buco nella grigia cortina della reazione che ha segnato l’orizzonte delle possibilità sotto il realismo capitalista. Da una situazione in cui nulla può accadere, tutto di colpo torna possibile.”
Ulteriori approfondimenti
- Campagna A., Nocentini C., Porcellana P. (a cura di) (2022), Montagne in movimento. Metodi e pratiche di Ricerca nelle terre alte. Ogliastro Cilento, Licosia Edizioni – www.ibs.it
- Viazzo P.P., Zanini R.C. (2014), Approfittare del vuoto? Prospettive antropologiche su neo-popolamento e spazi di creatività culturale in area alpina. Journal of Alpine Research – Revue de géographie alpine: 102-3. DOI: 10.4000/rga.2476.
- De Rossi A. (a cura di) (2018), Riabitare l’Italia. Donzelli, Roma. ISBN: 9788868438494.