Le spiagge italiane costituiscono un capitale pubblico strettamente intrecciato con infrastrutture private e con il sistema urbano. La riforma delle concessioni demaniali solleva questioni complesse di valore economico, interesse pubblico e tutela ambientale. La gestione delle spiagge richiede un progetto integrato che includa spazi pubblici, infrastrutture leggere, servizi e percorsi pedonali, considerando la fragilità ecologica e sociale delle coste e ridefinendo la relazione tra città, spiaggia e comunità.
L’adeguamento dell’Italia alla direttiva Bolkestein sulle concessioni balneari arriva con forte ritardo, aprendo scenari complessi sul piano politico, economico e sociale. Le gare per il rinnovo delle concessioni rappresentano una sfida ma anche un’opportunità per integrare pianificazione pubblica e innovazione privata, ripensando le spiagge come servizio turistico ed ecosistemico, tra accessibilità, sostenibilità e tutela ambientale.
Nel futuro delle spiagge italiane si intravede un paesaggio sul nascere lungo quanto tutto il perimetro della costa italiana. Capace di tenere in equilibrio tutela del diritto allo spazio pubblico, nuovi costumi, nuovi bisogni, nuove forme di relazione urbana a valle della paura pandemica. E capace di generare una comunità permanente più dinamica, connessa e vocata a esperienze simultanee.
Alla luce del ritardo della disciplina che regola lo spazio demaniale di quanto sia necessaria una revisione degli strumenti di pianificazione comunali, la “Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021” porta l'Italia più vicina agli standard europei e ci costringe a fare i conti con il nostro senso civico nel rispetto delle leggi. Ma in attesa dei decreti legislativi che cosa succede? Si fa riferimento a due casi di cronaca: il Jova Beach Party sulla spiaggia di Casabianca e il Piano delle coste del Comune di Salve (LE).
Il patrimonio culturale, se adeguatamente valorizzato, può rappresentare un motore di sviluppo locale. Mettere la cultura al centro di politiche dedicate allo sviluppo significa puntare ad investire sulle specificità locali, sulle potenzialità delle risorse territoriali, sulle conoscenze, le capacità e il capitale sociale allo scopo di stimolare creatività, innovazione e progresso sostenibile. Le potenzialità del patrimonio culturale sono molteplici, come le sfide da affrontare per garantire strategie di valorizzazione lungimiranti ed efficaci.
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La storia dell’ex Caserma Trieste racconta le politiche atte a riscattare quest’area abbandonata per farne un modello utile a realtà simili. Purtroppo, nel quadro geopolitico grandemente mutato, l’importanza del confine nord-orientale italiano assume un nuovo ruolo e la retrocessione dei luoghi ex-militari alle comunità locali è più così certa.
In anni recenti molti esponenti del mondo accademico e tra i policy makers si sono schierati contro la narrazione dominante che le zone marginali siano destinate ad un inesorabile destino di abbandono e lenta scomparsa. Esistono in realtà alcuni territori, che abbiamo definito ‘vibranti’, capaci di resistere alla tendenza allo spopolamento adattandosi alla loro perifericità. Comprendere quali siano gli elementi esogeni, o quali le risorse endogene su cui hanno fatto perno, diviene un importante fattore di conoscenza per chi ha la responsabilità di proporre strumenti per promuovere la coesione territoriale e ridurre le disparità territoriali.
Durante la pandemia, il settore del turismo ha vissuto tre fasi: il fermo improvviso, poi un breve periodo nel quale ha considerato il lockdown come un’opportunità per riformarsi in maniera sostenibile, ed infine la ripartenza tornando a correre più veloce di prima, con un impatto spesso pesante e disomogeneo sui territori turistici. Oggi, al settore turistico italiano manca ancora quella capacità di governo e di coordinamento delle destinazioni che la complessità del prodotto turistico rende necessaria.