30 Maggio, 2023

I ritardi della coesione 2014-2020: un’Italia in affanno

Tempo di lettura: 6 minuti

La politica di coesione costituisce il quadro politico alla base di centinaia di migliaia di progetti in tutta Europa volti a garantire il rafforzamento della coesione economica, sociale e territoriale. La politica si pone infatti come obiettivi principali quello di ridurre le disparità di sviluppo fra le regioni europee ed uguagliare le opportunità socioeconomiche dei cittadini.

Per il raggiungimento di questi obiettivi i due Fondi europei “storici” a disposizione sono il Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale (FESR), che sostiene Programmi in materia di sviluppo regionale, di potenziamento della competitività, di investimenti nella ricerca e nello sviluppo sostenibile ed il Fondo Sociale Europeo (FSE), che invece si concentra sull’inclusione sociale e su un accesso al mercato del lavoro che sia privo di discriminazioni di genere.

La politica di coesione, cofinanziata da risorse comunitarie, viene programmata per cicli settennali e in questo momento ci troviamo a cavallo tra la chiusura del ciclo 2014-2020 e l’avvio del 2021-2027. La programmazione 2014-2020 non si è ancora conclusa poiché vale la cosiddetta regola “n+3” (art. 136 del Regolamento CE 1303/2013) secondo la quale le certificazioni alla Commissione europea devono essere presentate entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello dell’impegno nell’ambito dei Programmi.

Manca quindi un anno e mezzo per porre la parola “fine” al 2014-2020, ma a che punto siamo?

Secondo gli ultimi dati resi disponibili da Cohesion data – portale della Commisione Europea – e riferiti al 31 dicembre 2021, della dotazione finanziaria del FESR e FSE 2014-2020 in Europa, pari a 438,9 miliardi di euro, risulta speso il 62,6%, oltre 10 punti percentuali in più del dato Italia, pari al 51,7% dei 59,4 miliardi di dotazione (Figura 1). Prendendo i due Fondi separatamente, l’avanzamento finanziario europeo non varia, mentre il dato italiano appare più critico nel caso del FSE, a quota 46,6%.

Figura 1. L’avanzamento finanziario del FESR e del FSE 2014-2020, confronto Europa/Italia, per Fondo, 31 dicembre 2021.
Fonte: elaborazione IFEL-Ufficio Analisi ed Elaborazione Dati Economia Territoriale su dati CE-Cohesion data, 2022

Bisogna precisare che la dotazione finanziaria è fortemente eterogenea tra i Paesi europei (Figura 2). Il primo Paese per risorse FESR e FSE a disposizione è infatti la Polonia, con 64,3 miliardi di euro, seguita dall’Italia a 59,4 miliardi di euro e dalla Spagna con 50,8 miliardi di euro. Nel caso polacco l’avanzamento finanziario dei due Fondi strutturali è prossimo al 68%, mentre nel caso spagnolo si arriva al 41,4%, 10 punti percentuali in meno del dato italiano (Figura 3). Lo Stato membro più performante è la Lituania, con un avanzamento dell’84,3% rispetto alla dotazione di 5,7 miliardi di euro.

Figura 2. I primi 15 Paesi per dotazione finanziaria (miliardi di euro) del FESR e del FSE 2014-2020, 31 dicembre 2021.
Fonte: elaborazione IFEL-Ufficio Analisi ed Elaborazione Dati Economia Territoriale su dati CE-Cohesion data, 2022.

Figura 3. L’avanzamento finanziario del FESR e del FSE 2014-2020 nei 15 Paesi con le maggiori dotazioni finanziarie, 31 dicembre 2021.
Fonte: elaborazione IFEL-Ufficio Analisi ed Elaborazione Dati Economia Territoriale su dati CE-Cohesion data, 2022.

Secondo una logica di riequilibrio, le regioni europee vengono categorizzate secondo il grado di sviluppo in “meno sviluppate”, ossia con un PIL pro capite inferiore al 75% della media UE a 27 (per l’Italia fanno parte di tale gruppo le regioni Puglia, Campania, Calabria, Basilicata, Sicilia); “in transizione”, ossia con un PIL pro capite compreso tra il 75% e il 90% della media UE a 27 (in Italia Abruzzo, Molise e Sardegna); “più sviluppate”, ossia con un PIL pro capite superiore al 90% della media UE a 27 (per l’Italia rientrano la provincia Autonomia di Trento e Bolzano e le restanti regioni del Centro-Nord). A tale classificazione si aggiunge l’iniziativa REACT-EU che porta avanti e amplia le misure introdotte dalla Commissione europea per il superamento degli effetti della crisi determinata dal Covid-19, attraverso finanziamenti aggiuntivi resi disponibili per il periodo 2014-2020 a valere anche su FESR e FSE.

A prescindere dalla categoria di regioni il dato italiano di spesa dei due Fondi analizzati è sempre in ritardo rispetto a quello europeo: il divario minore si rileva tra le regioni più sviluppate (70,2% in Europa e 69,9% in Italia), mentre la differenza più ampia si registra tra quelle meno sviluppate, con uno scarto a favore della media UE di circa 7 punti percentuali (Figura 4).

Capitolo a parte per REACT-EU, che lato FESR e FSE al momento registra in Europa una dotazione finanziaria di 40 miliardi con spese a meno del 9%, ed in Italia una dotazione di 11 miliardi ma con spese allo 0,02%.

Figura 4. L’avanzamento finanziario del FESR e del FSE 2014-2020, confronto Europa/Italia, per categoria di regioni, 31 dicembre 202.
Fonte: elaborazione IFEL-Ufficio Analisi ed Elaborazione Dati Economia Territoriale su dati CE-Cohesion data, 2022.

I dati qui esposti relativamente all’avanzamento finanziario di FESR e FSE a livello europeo e italiano non possono essere raffrontati con la situazione registrata lo scorso anno, alla luce del contributo che la politica di coesione ha fornito per fronteggiare la crisi determinata dalle misure di contenimento del virus. Sicuramente anche per questa ragione si è verificato un aumento significativo delle spese, ma considerando che il 2023, ultimo anno entro il quale chiudere le certificazioni secondo la regola “n+3”, è dietro l’angolo c’è ancora tanta strada da fare.

E come si affronta la salita? Arrivati a questo punto il rischio è sempre lo stesso, ossia ricorrere ai progetti retrospettivi, noti anche come “sponda” o “cavallo”. In sostanza tirare fuori dai cassetti tutti gli scontrini di ciò che è stato già realizzato con altre fonti di finanziamento e rendicontarli come fondi UE. La maniera metodologicamente e politicamente meno appropriata per chiudere una politica di sviluppo che impiega anni e anni per programmare il proprio impianto, che punta alla qualità della spesa e che ha come obiettivo un cambiamento strutturale all’interno dei diversi territori.

Ulteriori approfondimenti

Undicesima edizione del Rapporto IFEL “La dimensione territoriale nelle politiche di coesione – Stato di attuazione e ruolo dei Comuni nella programmazione 2014-2020”, scaricabile al link seguente: www.fondazioneifel.it

Articoli correlati

Le risorse per gli investimenti dei comuni: un’era di spese aggiuntive

I comuni italiani sono direttamente coinvolti nell’attuazione del PNRR e della nuova politica di coesione: in base alle stime dell’ANCI i comuni saranno destinatari di circa 40 miliardi di euro da spendere entro il 2026, ai quali si andranno a sommare, secondo le proiezioni IFEL, 10 miliardi di euro della politica di coesione 2021-2027. Una nuova stagione di risorse aggiuntive importante, specialmente se confrontata con la media di 9,8 miliardi di euro annui investiti dai comuni nell’ultimo periodo.

La contrazione del personale comunale e la sfida delle risorse aggiuntive

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e la nuova politica di coesione comportano l’allocazione di un ammontare di risorse ai comuni la cui spesa, nel periodo di tempo concesso per l’attuazione, rappresenta insieme un’opportunità e una sfida inedita per i territori e le loro amministrazioni. La sfida è legata alla capacità amministrativa dei comuni che si scontra con una costante contrazione del personale in servizio ed un aumento dell’età media dei dipendenti.

La formazione per il rafforzamento amministrativo comunale

Il successo del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) passa anche dalla capacità amministrativa degli enti comunali. Dopo anni di politica del personale pubblico caratterizzata da tagli di costi e blocchi del turnover, è necessario ricostruire una nuova cultura del pubblico impiego grazie anche ad adeguate politiche formative. Il rilancio della formazione dei dipendenti comunali è, infatti, un elemento imprescindibile per il raggiungimento degli obiettivi di crescita economica e di benessere collettivo previsti dal PNRR.

Il PNRR e i fondi 2021-2027 per il rafforzamento della capacità amministrativa territoriale: a che punto siamo?

Il tema della capacità amministrativa è centrale nell'agenda politica e riguarda la capacità delle istituzioni italiane di attuare programmi di sviluppo e coesione. Attualmente, l'amministrazione italiana è in grave difficoltà a livello territoriale a causa della mancanza di risorse professionali e dell'assenza di una propensione all'innovazione che la rende inefficiente nella gestione dei fondi. La situazione potrebbe essere ulteriormente complicata con l'avvio dei nuovi programmi cofinanziati dai fondi 2021-2027. Per rafforzare l'amministrazione italiana è necessaria una multidimensionalità degli interventi e una buona governance.

Il Covid-19 e le regioni italiane. Dopo il recupero, quali prospettive?

Il Covid-19 ha prodotto effetti differenziati sull’economia delle regioni italiane: un impatto maggiormente immediato al Nord, ma maggiori difficoltà nella fase di recupero per il Sud. Le determinanti primarie di queste differenze possono essere individuate in fattori strutturali quali composizione settoriale, propensione al lavoro a distanza, disponibilità di capitale umano e tecnologia, apertura internazionale e partecipazione alle catene del valore globali. Le prospettive future, in particolare per il Mezzogiorno, dipendono dall’evoluzione del contesto geo-politico globale e dalla capacità delle politiche pubbliche di incidere sulle debolezze strutturali delle economie regionali.