12 Dicembre, 2024

I luoghi urbani della mobilità

Tempo di lettura: 6 minuti

Le stazioni e i nodi della mobilità possono attivare la vitalità delle città? Come scalare questo potenziale a strategia urbana? Come innescare su questo nuovi dispositivi di finanziamento?

Tre domande a cui gli articoli qui presentati provano a rispondere. Il primo che ho curato mette in ordine i principi che compongono questo approccio innovativo alla pianificazione che vede nei nodi di interscambio dei luoghi urbani della mobilità. A partire da questo contributo, gli articoli a cura di Roberto Malvezzi e Roberto Nastri arricchiscono il ragionamento in due direzioni. Il primo indaga il potenziale di scalabilità di questi concetti, ovvero quando la progettazione della mobilità attorno ai nodi del trasporto si fa strategia urbana. Il secondo continua il ragionamento su come attuare strategie urbane complesse e integrate, approfittando con efficacia delle enormi risorse disponibili attraverso il risparmio privato gestito.

PUMS di Milano e Bologna

Due recenti esperienze di pianificazione della mobilità delle aree metropolitane riconoscono nei nodi complessi del trasporto pubblico, i centri attorno ai quali ripensare la mobilità e la qualità della vita della città pubblica.

Il Pums (Piano Urbano della Mobilità Sostenibile) della Città metropolitana di Milano lo chiama LUM – Luoghi Urbani di Mobilità, mentre il Pums di Bologna Centri di Mobilità.

Il principio è lo stesso, ridefinire i centri di interscambio come nuovi luoghi identitari e attivatori della qualità e della vitalità dei Comuni metropolitani interessati, con un cambio di paradigma: vedere in questi nodi complessi non solo una funzione trasportistica, ma un’occasione di rigenerazione dei contesti in cui sono collocati.

Questa strategia può essere ricondotta a due chiavi di lettura, che trovano riscontro in letteratura e in diverse esperienze di livello europeo:

  • LUM come integrazione spaziale e funzionale tra diversi servizi di mobilità, soprattutto condivisa;
  • LUM come strategia territoriale integrata per la rigenerazione di aree attorno ai nodi del trasporto pubblico.
Figura 1 – PUMS Bologna – Schema tipologico del Centro di Mobilità in rapporto alla sua area di influenza

LUM come integrazione di servizi di mobilità

La prima chiave interessa un aspetto più strettamente funzionale di questi punti come nodi per l’integrazione tra diversi servizi di mobilità, soprattutto condivisa. A questo filone si rifà il termine Mobility Hub, un concetto che si afferma dal 2015 con il crescere delle offerte di sharing mobility e si consolida negli anni successivi come strategia per attuare le politiche basate sul modello MaaS (Mobility as a Service) e di promozione della mobilità elettrica.

La strategia ha una dimensione scalabile e diffusa. Si innesta su contesti territoriali diversi, dagli ambiti periferici rurali fino ai grossi nodi del trasporto pubblico. Per questa ragione, è una strategia che non riguarda interventi singoli ma una maglia di micro-hub della mobilità su più punti.

Le esperienze a livello europeo evidenziano però la sua applicazione più frequente nel micro contesto spaziale e di quartiere attorno alle fermate del trasporto pubblico (Bus, Tram, LightRail), a supporto degli spostamenti da e per l’ultimo miglio. La lettura delle diverse esperienze porta a definire il Mobility Hub come un luogo urbano con quattro caratteristiche principali:

  1. Combina diverse offerte di trasporto pubblico e condiviso;
  2. Ridisegna e qualifica uno spazio urbano di qualità;
  3. Rafforza i servizi per la collettività;
  4. Progetta uno spazio visivo che comunica le diverse opportunità di mobilità.

LUM come strategia territoriale integrata

La seconda chiave di lettura riguarda la dimensione territoriale strategica e il potenziale di urbanità dei grossi nodi del trasporto pubblico. Il LUM si posiziona con un salto di scala rispetto al concetto di Mobility Hub, in particolare per i potenziali impatti positivi sui contesti di riferimento.

Oltre agli aspetti funzionali del nodo di trasporto, vengono riconosciuti infatti gli aspetti ambientali, sociali ed economici quali criteri guida per la riqualificazione di questi nodi complessi e delle aree che li circondano.

In questo filone rientrano i concetti di TOD – Transit Oriented Development e la sua più recente evoluzione in MODe – Mobility Oriented Development dove il significato di trasporto (perlopiù collettivo transit) muta a mobilità, come insieme degli spostamenti delle persone e merci all’interno di un territorio. Infine, il termine Living Station definisce l’evoluzione di questi approcci e li proietta verso il modello di stazione del futuro.

Living Station

Oltre agli aspetti funzionali, il principio Mobility Oriented Developmentafferma la rilevanza degli aspetti ambientali, sociali ed economici quali criteri guida per la progettazione e la riqualificazione di questi nodi complessi. Inoltre, questo termine afferma l’importanza di una pianificazione integrata di funzioni alla mobilità (proprie del nodo) e servizi urbani di qualità a supporto della residenza, il tempo libero, il lavoro da promuovere nell’area intorno al nodo, capace di attrarre nuovi flussi e capitali. Infine, viene data una certa rilevanza alla promozione di nuovi strumenti finanziari e di partenariato Pubblico Privato per lo sviluppo integrato del nodo e delle aree attorno.

Figura 2 – Living Station (Arup, 2020)

Living station è un concetto elaborato da ARUP in una serie recente di approfondimenti e pubblicazioni del 2019 e 2020, dove in questa visione, lo spazio-stazione rimane il centro del movimento delle persone per l’accesso e le connessioni tra le reti di mobilità, con importanti innovazioni nei mezzi e nelle tecnologie. Le stazioni diventano spazi più complessi, che trovano nel concetto di living il filo rosso di nuove vocazioni.

I principali tratti delle living stations sono i seguenti:

  1. Spazio senza confini. La stazione del futuro è un luogo fluido senza confini tra spazio fisico e digitale, dimensione pubblica e privata, edificio e città;
  2. Human-centred design. Gli spazi sono progettati per accogliere utenti con diverse capacità fisiche e mentali, culturali e di conoscenza digitale. Lo spazio viene così doppiato da un sovra-livello digitale che accompagna l’utente in un servizio altamente personalizzato;
  3. L’esperienza digitale. L’innovazione delle tecnologie digitali, come l’Internet of Things (IoT) e il machine learning (ML) rendono fluidi gli spostamenti dell’utente, ticketless e senza barriere. In questo ambiente, i dati generati dagli utenti gestiscono in tempo reale l’esperienza-viaggio dello stesso utente e ottimizzano il sistema nel suo complesso;
  4. Spazio-città. La stazione come luogo di qualità per esprimere l’identità, la vocazione e il carattere delle città in cui sono inserite;
  5. Spazi generativi e inclusivi. Le stazioni sono luoghi capaci di generare valore per le comunità, con la creazione di funzioni e servizi ad alto ritorno sociale.

Ulteriori approfondimenti

Centri di mobilità. Linee di indirizzo per la progettazione, PUMS della città metropolitana di Bologna. pumsbologna.it

I contenuti dell’articolo sono stati sviluppati all’interno del progetto di ricerca “OICR e investimenti urbani”, finanziato da InvestItalia/Presidenza del Consiglio e sviluppato da AUDIS in collaborazione con l’Università di Parma e la Città Metropolitana di Milano. I casi di studio presentati sono tratti da uno studio di benchmark internazionale scaricabile al seguente link http://audis.it/ricerca/8258/

Articoli correlati

Oltre il contributo d’accesso, per un modello sostenibile di turismo

L'introduzione del contributo d'accesso per i turisti a Venezia ha avuto un effetto boomerang, aggravando i problemi esistenti. Questo intervento, pensato per gestire la pressione turistica, si è rivelato inefficace e controproducente. Venezia, simbolo dell'overtourism, ha visto peggiorare il tessuto sociale e produttivo, con disuguaglianze amplificate e residenti penalizzati. La vera soluzione richiede un futuro economico sostenibile e una regolamentazione più rigorosa del settore turistico, superando l'attuale modello predatorio.

Conto alla rovescia: posti letto e residenti in una città a breve termine

La sperimentazione del contributo d’accesso a Venezia, introdotta per mitigare l'impatto del turismo giornaliero, ha suscitato molte critiche e non ha ridotto la pressione turistica. Le polemiche evidenziano come la misura sembri mirata a capitalizzare i flussi turistici piuttosto che limitarli e non affronti i problemi causati dall’aumento delle locazioni brevi, che superano i posti letto dei residenti. La gestione dell’overtourism richiede interventi complessi e a lungo termine, centrati soprattutto sul tema dell’abitare, per contrastare la trasformazione di Venezia in una città esclusivamente turistica.

Il Contributo d’Accesso come misura di visitor management: il caso di Venezia

Il visitor management propone una varietà di misure in grado di monitorare, informare, influenzare e guidare il comportamento dei visitatori all’interno di diversi contesti come le destinazioni turistiche. Queste misure rispondono a necessità mirate e strutturali per la destinazione che possono contribuire al miglioramento della vivibilità; tuttavia, considerate di per sé non rappresentano un approccio di governance in una visione di sviluppo sostenibile. Il caso del contributo di accesso di Venezia viene utilizzato come caso di discussione.

Progettare città per essere (più) umani

Il comportamento è influenzato dalle nostre biografie individuali e dalle relazioni, sia sociali che con l’ambiente: la personalità che ne deriva si elabora, così, su memorie consce ed inconsce. Queste relazioni modellano le esperienze e il loro ricordo. Molti studi interdisciplinari hanno indagato su come lo spazio influisce sulla personalità, le relazioni, le emozioni e la memoria. La forma urbana agisce sulla coesione sociale, spesso non soddisfacendo i bisogni umani più naturali. È essenziale integrare, perciò, neuroscienze e psicologia ambientale nell'urbanistica per migliorare la qualita del costruito. Tre aree chiave sono la pianificazione, la cura degli spazi aperti e degli edifici, finalizzate alla inclusione sociale, alla sicurezza e ad un’idea di sostenibilità estesa anche al benessere psicofisico dei cittadini.

Invecchiare in città

I dati OCSE rivelano un aumento significativo della popolazione anziana nelle città dovuto all'aumento dell'aspettativa di vita e al calo dei tassi di natalità. Questo cambiamento demografico richiede che le città si adattino per rispondere ai bisogni diversi di una popolazione invecchiata. L'invecchiamento influisce sulla capacità di attenzione e sull'adattamento ai rumori urbani, rendendo la vita in città più difficile per gli anziani. Una pianificazione urbana inclusiva dovrebbe ridurre le complessità decisionali e i livelli di rumore, beneficiando così tutti i cittadini.