21 Maggio, 2025

Patrimonio culturale e sviluppo locale in cinque libri recenti

Tempo di lettura: 5 minuti

Da anni ormai una ricca letteratura multidisciplinare ci aiuta nella comprensione del legame tra patrimonio culturale e sviluppo locale. In particolare, questo pezzo si propone di approfondire l’argomento attraverso cinque volumi di recente uscita che forniscono una chiave di lettura aggiornata sul tema.

Il libro curato da Towse e Navarrete (2022) offre una panoramica generale e attuale sulla materia, mentre quello edito da Cooke e Lazzeretti (2018) spiega come il patrimonio culturale possa essere anche motore di resilienza. Altri testi di recente pubblicazione esplorano invece i meccanismi attraverso i quali la relazione tra patrimonio culturale e sviluppo si concretizza, nello specifico il canale turistico (De Ascaniis e Cantoni 2022), e mezzi di trasmissione più sofisticati e intangibili, quali la creatività (Cerisola 2019) e l’identità territoriale (Panzera 2022).

Per cominciare, nella terza edizione di “Handbook of Cultural Economics”, Towse e Navarrete propongono, attraverso numerosi capitoli tematici ad opera di diversi autori, un imprescindibile quadro generale. Accanto ai fondamentali tradizionali temi legati per esempio al capitale culturale di Throsby, ai distretti culturali, ai musei e al patrimonio culturale tangibile e intangibile, il volume include anche la digitalizzazione come elemento nuovo e criticamente importante, dato il suo impatto sulla produzione e sul consumo all’interno dell’economia della cultura, specialmente per quanto riguarda argomenti quali copyright, politiche culturali e gestione delle imprese creative.

La cultura, però, non deve essere considerata esclusivamente come un promotore di crescita economica in quanto tale. Infatti, può anche essere valutata come fattore di resilienza per le economie urbane e regionali. Ce lo mostra bene il testo curato da Cooke e Lazzeretti (2018), spiegando – attraverso una prospettiva multidisciplinare – come le risorse culturali possano essere alla base di un modello di sostenibilità che aiuti ad affrontare efficacemente diversi tipi di shock. In questo senso, gli autori focalizzano la loro analisi su aspetti importanti quali il contributo dell’arte e della cultura per la rivitalizzazione dei territori.

Per quanto riguarda invece i canali specifici attraverso i quali la relazione tra patrimonio culturale e sviluppo locale può meglio concretizzarsi, il più noto e riconosciuto è senza dubbio quello turistico. Benchè si tratti dell’approccio più abituale, rimane comunque ampiamente valido e non bisogna ritenerlo superato. Lo raccontano nel dettaglio gli autori del libro curato da De Ascaniis e Cantoni (2022), fornendo una attualissima rassegna sul ruolo del digitale all’interno dei meccanismi turistici, accanto a temi relativi ad accessibilità, fruibilità e godimento del patrimonio culturale da parte dei turisti. L’obiettivo del volume è proprio quello di approfondire la comprensione di come il digitale possa essere utilizzato per promuovere una relazione sostenibile tra turismo e patrimonio culturale e la trattazione dell’argomento si rileva estremamente interessante.

Malgrado l’innegabile importanza del ruolo del turismo nel mediare la relazione tra patrimonio culturale e sviluppo economico, la letteratura ha evidenziato anche altri canali più complessi e immateriali attraverso i quali l’efficacia del legame che stiamo esplorando può essere favorito. Cerisola (2019) mostra come il patrimonio culturale tangibile possa promuovere spirito critico e ispirare creatività artistica e scientifica a livello locale. L’azione congiunta di questi talenti creativi a sua volta favorirebbe la nascita di idee nuove, originali e innovative e di conseguenza costituirebbe un motore per la performance del territorio. In quest’ottica, il patrimonio culturale influenza lo sviluppo locale in maniera indiretta, sostanzialmente supportando la nascita e il consolidamento di un ambiente creativo, che fa da mediatore verso lo sviluppo del territorio.

In ogni modo la creatività non è la sola caratteristica immateriale ad essere stata studiata in quest’ambito. Panzera (2022) spiega infatti che il patrimonio culturale materiale deve essere considerato anche come un fattore di coesione sociale e benessere individuale, come un facilitatore di relazioni internazionali, un generatore di identità e senso di appartenenza, un fautore di diversità culturale, un fattore localizzativo ed un elemento simbolico. Secondo questa prospettiva, il patrimonio culturale può sostenere lo sviluppo socioeconomico locale attraverso specifiche tipologie di identità territoriale. In presenza di una comunità cosmopolita, inclusiva e consapevole di una certa coincidenza tra l’interesse individuale e quello collettivo, ad esempio, l’azione del patrimonio culturale sullo sviluppo locale sembra essere più efficace e amplificata.

Tutti questi recenti contributi hanno la caratteristica comune di sottolineare, partendo da prospettive differenti, l’importanza costruttiva della cultura e del patrimonio culturale nella crescita socioeconomica dei territori. Inoltre, costituiscono una stimolante dimostrazione del crescente interesse per questi argomenti e spingono ad approfondire sempre di più la nostra comprensione dei diversi aspetti che contraddistinguono l’importante funzione della sfera culturale non solo nello sviluppo cognitivo, educativo, innovativo, storico e identitario di un’area, ma anche – e sempre più chiaramente – in quello sociale ed economico.

Riferimenti bibliografici

  • Cerisola S. (2019), Cultural Heritage, Creativity and Economic Development. Cheltenham: Edward Elgar.
  • Cooke P., Lazzeretti L. (eds.) (2018), The Role of Art and Culture for Regional and Urban Resilience. Oxon: Routledge.
  • De Ascaniis S., Cantoni L. (eds.) (2022), Heritage, Sustainable Tourism and Digital Media. Cheltenham: Edward Elgar.
  • Panzera E. (2022), Cultural Heritage and Territorial Identity – Synergies and Development Impact on European Regions. Cham: Springer.
  • Towse R., Navarrete Hernández T. (eds.) (2022), Handbook of Cultural Economics – Third Edition. Cheltenham: Edward Elgar.

Articoli correlati

Ancora su partecipazione, democrazia e populismo

Il populismo è una forma della politica che tende a mettere in discussione la democrazia rappresentativa. Visto dal punto di vista dell’urbanistica si possono considerare due flessioni del populismo, quella che negando la pluralità delle posizioni affida la decisione al leader in un rapporto diretto con il popolo, e quella che invece affida la decisione a forme estreme di democrazia diretta, evitando qualsiasi intermediazione. La vera partecipazione si differenzia radicalmente da entrambe le versioni del populismo; essa, infatti, concorre a formare e sviluppare legami orizzontali che sostengono e puntano a migliorare la decisione democratica.

Populismo e resistenza partecipativa

Il populismo, definito spesso in modo dispregiativo, si manifesta come un fenomeno eterogeneo, interessando diversi contesti politici ed economici. Caratterizzato dalla contrapposizione tra "popolo puro" e "élite corrotta", il populismo attuale si distingue per la sua connessione con il neoliberismo e le sue possibili ripercussioni sull’urbanistica. Questo contributo esplora i rischi associati, come l'accentuazione delle disuguaglianze sociali, la deroga alle normative urbanistiche e l’erosione della democrazia partecipativa, proponendo un rinnovato coinvolgimento dei cittadini come antidoto alle politiche di esclusione.

La democrazia partecipativa nei processi decisionali urbanistici

Rispondendo ad alcune domande, l’autore illustra la rilevanza che dovrebbe avere nei processi decisionali urbanistici, anche in Italia, la consultazione dei cittadini nella deliberative democracy. Citando la recente esperienza in India dell’Urban Transport Project a Mumbai e la costruzione di un’autostrada di interesse intercomunale in Francia, Sabino Cassese spiega perché lo scarso ricorso alla democrazia partecipativa a livello amministrativo sia oggi un problema, anche davanti alle diverse forme di populismo che sembrano crescere in tutta Europa.

Rallentare, venticinque anni dopo. Partecipazione, conoscenze, populismo

A venticinque anni dalla pubblicazione, la rilettura del saggio di Paolo Fareri Rallentare costituisce un’occasione importante per riflettere sulle contraddizioni e sulle ambiguità dei processi partecipativi nella pianificazione urbanistica e nelle politiche urbane, sul crinale tra processi di istituzionalizzazione e depoliticizzazione delle pratiche partecipative e indebolimento della democrazia locale connesso all’emergere delle nuove forme di populismo.

La partecipazione nei progetti di Giancarlo De Carlo 

Credendo nell’importanza della partecipazione anche per l’attuale urbanistica e nella validità ancora oggi dell’insegnamento del suo maestro a riguardo, Franco Mancuso ricorda due procedure partecipative che ha vissuto con G. De Carlo, entrambe caratterizzate dalla sua fiducia nella partecipazione come momento essenziale di ogni processo di progettazione. La prima alla fine degli anni Cinquanta per la redazione del Piano Regolatore di Urbino e la seconda all’inizio degli anni Settanta per la progettazione del villaggio Matteotti a Terni.