27 Luglio, 2024

Lavoro a distanza e near working: quale futuro?

Tempo di lettura: 6 minuti

I cambiamenti delle modalità e della geografia del lavoro accelerati dalla pandemia Covid-19 si possono riassumere nei seguenti punti:

  • la ridefinizione delle esigenze e delle funzioni degli spazi ad uso commerciali e per uffici;
  • la geografia del lavoro, poiché si prevede che le aree suburbane e periferiche diventeranno luoghi più attrattivi ove vivere e lavorare anche presso la propria abitazione;
  • una nuova domanda di spazi di lavoro condivisi dispersi geograficamente per i lavoratori a distanza (remote workers), gli smart workers e i nomadi digitali, consentendo loro di ridurre pendolarismo e migliorare il bilanciamento vita privata-lavoro (Mariotti, 2021).

Questi cambiamenti hanno avuto un impatto significativo anche sulle grandi città italiane che hanno registrato una riduzione della presenza di city user nel 2020. A Milano, le presenze si sono ridotte dal 47% al 63% nei quartieri centrali rispetto allo stesso periodo del 2019 (pre-pandemia), mentre i quartieri periferici e i comuni della prima fascia sono diventati più attrattivi per i lavoratori a distanza (Mariotti et al., 2021).

Figura 1 – Differenza (%) dell’ora media mensile di presenza di persone (aprile 2020 e aprile 2019 per aree di censimento (ACE). Fonte: Mariotti et al. (2021a, p.34), elaborazione di Maud-DAStU su dati di telefonia mobile TIM.

Secondo l’International Labour Organization (ILO), il termine lavoro a distanza include le seguenti modalità di lavoro: telelavoro, lavoro agile, smart working e lavoro da casa. Le attività economiche che presentano una maggiore facilità a lavorare a distanza, ad esempio presso l’abitazione, sono quelle a maggior contenuto di conoscenza: attività professionali, scientifiche, tecniche; finanza e assicurazioni; servizi professionali; pubblica amministrazione.

In Italia i lavoratori a distanza sono passati da 570.000 nel 2019 a 6,580 milioni a marzo 2020 in pieno lockdown. Nel I trimestre 2021 erano 5.370 milioni e nel III trimestre 4.070 milioni. Le previsioni nel 2022 sono di 4.380 milioni di lavoratori (Osservatorio Smart Working, 2022). Sebbene, il nostro Paese sia sempre stato un fanalino di coda in termini di numerosità di lavoratori a distanza rispetto ai paesi nordeuropei perché le imprese italiane sono più piccole (numero di addetti) e si caratterizzano per una minore intensità di conoscenza rispetto alla media europea, la pandemia Covid-19 ha significativamente accelerato questo fenomeno.

I lavoratori a distanza tendono a lavorare presso la propria abitazione che, tuttavia, non rappresenta il luogo ideale dove svolgere le mansioni lavorative a causa della tecnologia non adeguata, il senso di isolamento, la difficoltà nel bilanciamento vita privata-lavoro e la sensazione di essere sempre connessi.

Recenti ricerche in ambito europeo, quali, il progetto Cost Action CA18214 e il Progetto Coral ITN-Marie Curie, si stanno interrogando sulla rilevanza dei nuovi luoghi del lavoro, quali spazi collaborativi, spazi di coworking e spazi ibridi, come alternativa alla casa e all’ufficio. I nuovi luoghi del lavoro esercitano impatti positivi sia sugli utilizzatori (in termini di miglioramento del benessere, performance economica e bilanciamento vita privata-lavoro) che sul contesto locale (in termini di costruzione di comunità, miglioramento dello spazio pubblico circostante e rivitalizzazione urbana). Si tratta, infatti, non solo di spazi attrezzati per lo svolgimento di attività lavorative, ma di spazi ibridi, flessibili e ambienti multifunzionali che offrono agli utilizzatori servizi per la cura dei bambini, l’aggiornamento delle competenze professionali, l’aggregazione e la socializzazione.

Lo studio condotto da Michele Lo Russo, fondatore di Italiancoworking e da chi scrive, mostra come il numero di coworking e spazi collaborativi in Italia sia tornato al livello pre-pandemia, così come il livello medio di redditività e la fiducia sul rendimento dell’attività dei coworking stessi (Lo Russo, Mariotti, 2022). Inoltre, il 46% di questi spazi ospita nomadi digitali e il 65% lavoratori a distanza, mettendo in luce la crescente volontà, da parte dei lavoratori della conoscenza, di lavorare a distanza anche in luoghi di vacanza (workation).

Figura 2 – Sede STECCA 3.0 Fonte.Segnalidifuturo.lastecca3

I decisori politici hanno iniziato a riconoscere il ruolo di questi spazi. A inizio 2021, il Comune di Milano ha promosso il near working, ovvero ha consentito ai lavoratori del Comune di svolgere le proprie mansioni presso sedi dislocate di imprese o all’interno di spazi del lavoro condiviso in prossimità dell’abitazione, al fine di ridurre gli spostamenti e il rischio di contrarre il virus sui mezzi pubblici. Nello stesso anno, è stata emanata la prima Delibera nazionale (N. 1231 del L 24/09/2021) che riconosce gli spazi ibridi e definisce le linee di indirizzo per istituire, in via sperimentale, un elenco di luoghi di innovazione socioculturale a Milano, denominandolo “Rete Spazi Ibridi”. Gli spazi ibridi sono spazi multiculturali che hanno saputo rigenerare e attivare ex spazi industriali, cascine, asili, cinema, teatri, uffici, mercati, portinerie e coniugano diverse funzioni, come ciclofficine, fab-lab e spazi mostre, co-working e ostelli, cinema e bar. Il 4 febbraio 2022, il Comune di Milano ha inoltre promosso il primo bando “Elenco qualificato Rete Spazi Ibridi della città di Milano” con l’obiettivo di mappare tutte le realtà coinvolte nella gestione di spazi ibridi socioculturali, a cui ha fatto seguito all’inizio di aprile un workshop internazionale “Città aperte e Spazi Ibridi socioculturali”, organizzato dalle associazioni Stecca3 e Temporiuso, con il contributo di Fondazione Cariplo e il patrocinio del Comune di Milano. L’attenzione verso questi spazi è presente anche in aree meno centrali, come dimostrato dai “presidi di comunità”, prevalentemente pubblici e pronti ad ospitare i lavoratori a distanza e “trattenere” i giovani offrendo loro corsi di formazione.

In conclusione, non dobbiamo dimenticare che il lavoro a distanza accelerato dalla pandemia presenta aspetti sia positivi, che negativi. Se da un lato, porta con sé indubbi vantaggi legati alla possibilità di un migliore bilanciamento vita privata-lavoro, alla riduzione del pendolarismo, con effetti positivi sull’ambiente; dall’altro, ha ampliato le disuguaglianze nel mercato del lavoro favorendo i lavoratori della conoscenza, e i lavoratori privi di carichi familiari, richiamando ulteriormente la necessità di politiche che ribilancino queste differenze. In questo contesto è importante riconoscere il ruolo sociale degli spazi collaborativi e degli spazi ibridi socioculturali attraverso agevolazioni burocratiche dei processi autorizzativi, politiche pubbliche flessibili e di accompagnamento.

Ulteriori approfondimenti

  1. ILO (2020), COVID-19: Guidance for labour statistics data collection: Defining and measuring remote work, telework, work at home and home-based work, June 5thhttps://www.ilo.org/wcmsp5.
  2. Lo Russo M., Mariotti I. (2022), L’impatto della pandemia Covid-19 sulla sostenibilità e resilienza degli spazi di coworking. In: Montanari F. (a cura di), Spazi collaborativi in azione. Creatività, innovazione e impatto sociale. Milano: Franco Angeli.
  3. Mariotti I. (2021), Il lavoro a distanza svuota le città? In: Bellandi M., Mariotti I., Nisticò R. (a cura di), Città e periferie alla prova del Covid-19: dinamiche territoriali, nuovi bisogni, politiche. Roma: Donzelli: 25-36.
  4. Mariotti I., Manfredini F., Giavarini V. (2021), La geografia degli spazi di coworking a Milano. Una analisi territoriale. Milano Collabora: Comune di Milano – collaboriamo.org/media/2021/07.
  5. Osservatorio Smart Working (2022), Rivoluzione smart working: un futuro da costruire adesso. Milano: Politecnico di Milano, Dipartimento di Ingegneria Gestionale – www.osservatori.net.

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