La pandemia Covid-19 ha accelerato il lavoro a distanza e promosso il near working. Oggi i lavoratori della conoscenza tendono a lavorare presso la propria abitazione ma i “nuovi luoghi del lavoro” si stanno sempre più affermando come alternativa alla casa e all’ufficio. Nel 2021 il 46% degli spazi di coworking intervistati in Italia ha ospitato nomadi digitali e il 65% lavoratori a distanza. I decisori politici stanno riconoscendo il ruolo sociale di tali spazi, sia nelle grandi città come Milano, che nelle aree periferiche del Paese dove sono promossi i “presidi di comunità”.
Il quadro europeo sulle Zone di Incentivazione si basa sul Codice delle dogane dell’Unione, che fornisce una disciplina unica sulla materia. In questo quadro, le possibilità di modifiche consentite ai singoli Stati hanno, però, portato ad una forte differenziazione delle esperienze europee, in termini sia strutturali, che di obiettivi e di risultato.
Le Zone di Incentivazione sono tra i principali strumenti di politica industriale adottati in Europa. Nonostante gli incentivi e le modalità di costituzione siano abbastanza omogenee, esistono grandi differenziali di performance tra le varie aree, con storie di successo che si affiancano a numerosi fallimenti di simili strategie di sviluppo locale.
La creazione delle ZES in Italia si basa su un criterio fondante di prossimità alle infrastrutture portuali e di conseguente collegamento logistico-funzionale di queste ultime con le aree retroportuali. In questa prospettiva, le ZES permettono di collegare il Mezzogiorno d’Italia al più ampio quadro di sviluppo dei traffici mediterranei in corso e di ritrovata centralità geoeconomica.
Dal 2017, l’istituzione delle ZES Campania, come in tutte le regioni del Mezzogiorno, ha seguito un iter lungo e articolato. Dopo una serie di ritardi, la nomina del Commissario e la riforma introdotta col PNRR, le ZES sono oggi pienamente operative, mostrando i primi risultati in termini di localizzazione di nuove imprese e sviluppo delle esistenti.
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