“Il futuro non può esistere senza energie rinnovabili”, ha dichiarato António Guterres, Segretario generale delle Nazioni Unite, sottolineando la cruciale dipendenza dell’umanità dalla transizione verso le energie rinnovabili. La sostituzione delle tecnologie basate sui combustibili fossili con fonti rinnovabili è fondamentale per ridurre le emissioni di gas serra, mitigare gli effetti negativi dei cambiamenti climatici e aumentare la sicurezza energetica, riducendo la dipendenza dalle importazioni di materie prime da paesi geo-politicamente instabili o non democratici.
Nel 2023, nell’ambito del Green Deal europeo, l’UE ha rivisto al rialzo l’obiettivo in materia di energie rinnovabili per il 2030. La quota di energia da fonti rinnovabili nel consumo finale lordo di energia negli Stati membri dell’UE è passata dal 32% al 42,5% (con l’obiettivo di aumentarlo al 45%). Ogni Stato membro dovrà fare la sua parte per consentire il raggiungimento di questo obiettivo.
Anche l’Italia, dunque, è chiamata alla transizione energetica. Secondo i dati Eurostat, nel 2022 l’Italia ha registrato una percentuale di consumi energetici coperti da fonti rinnovabili del 19,1%, di poco superiore a quella registrata nell’anno 2021 (18,9%), collocandosi comunque al di sotto della media europea del 23%. Tale valore è anche inferiore all’obiettivo prefissato del 21,2% nella traiettoria delineata nella proposta di aggiornamento del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC).[1] L’obiettivo complessivo di copertura di consumi energetici da fonti rinnovabili nella proposta di aggiornamento del PNIEC è fissato al 40,5% per il 2030 (Figura 1).
Attraverso i loro interventi diretti sulla definizione e realizzazione di politiche energetiche, le regioni hanno un ruolo cruciale per la transizione energetica dell’Italia e per il pieno raggiungimento degli obiettivi climatici. Tuttavia, per raggiungere i difficili obiettivi che si sono posti, c’è poco tempo e questo richiede uno sforzo maggiore e una quantità di interventi senza precedenti. Come le regioni stanno contribuendo al processo di decarbonizzazione del Paese?
I dati presentati nella figura 2, relativi al 2021, evidenziano per il caso italiano una significativa variabilità regionale nella percentuale di consumi di energia rinnovabile rispetto ai consumi totali, con una media nazionale del 18%. La Valle d’Aosta si distingue con una percentuale straordinariamente alta del 97,6%, seguita dal Trentino-Alto Adige con il 54,2%, grazie alla presenza in entrambe le regioni di abbondanti risorse naturali (idroelettrico). Regioni come Basilicata (47,7%), Calabria (38,3%) e Molise (35,9%) superano notevolmente la media nazionale. Al contrario, al di sotto della media nazionale si collocano regioni come la Liguria e Lazio che registrano le percentuali più basse, rispettivamente del 7,2% e 10,7%, ma anche l’Emilia-Romagna (11,4%), la Sicilia (12,6%) e la Lombardia (14,2%), che pure si collocano al di sotto della media nazionale. Abruzzo (25,9%), Campania (18,3%), Friuli-Venezia Giulia (20,6%), Marche (17,7%), Piemonte (19,4%), Puglia (17,2%), Sardegna (23,7%), Toscana (17,3%), Umbria (21,7%) e Veneto (17,7%) si trovano tra questi due estremi, con valori generalmente vicini alla media nazionale.
Guardando invece alla consistenza, in termini di numero di impianti e potenza installata delle fonti rinnovabili, nella figura 3 si riportano i dati relativi alle fonti fotovoltaico, eolico, idroelettrico, bioenergie e geotermia nelle diverse regioni italiane registrati a fine aprile 2024. In Italia si contano 1.713.589 impianti fotovoltaici, con una potenza media pari a 19 MW. Le regioni che maggiormente contribuiscono in termini di potenza installata in impianti fotovoltaici sono la Lombardia (13,7%), la Puglia (10,5%), il Veneto (10,5%) e l’Emilia-Romagna (9,9%).
La produzione di energia eolica in Italia proviene per oltre il 90% dal Mezzogiorno, con i maggiori contributi in termini di potenza installata provenienti dalla Puglia (24,8%), dalla Sicilia (18,9%), dalla Campania (16,2%) e dalla Basilicata (12,0%). Si contano in Italia 6.096 impianti eolici, con una potenza media pari a 2,1 MW.
Sono invece 4.866 gli impianti idroelettrici, con una potenza media di circa 4,5 MW ciascuno. La produzione di energia idroelettrica si concentra maggiormente al Nord che ospita il 75% della potenza complessiva installata. I maggiori contributi in termini di potenza installata provengono dalla Lombardia (26%), dal Trentino-Alto Adige (17,3%) e dal Piemonte (14,3%).
Infine, alla stessa data, l’Italia conta un totale di 3.229 impianti bioenergetici e geotermoelettrici, con una potenza media di 1,53 MW per impianto. Il Nord Italia (comprendente Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Liguria ed Emilia Romagna) ospita il 46,9% della potenza complessiva. Le singole regioni che contribuiscono maggiormente alla potenza installata sono la Toscana (22,4%), seguita dalla Lombardia (16,1%) e dall’Emilia Romagna (12,2%).
Anche se ogni regione contribuisce alla produzione di energia da fonti rinnovabili, c’è ancora molto cammino da percorrere per centrare gli obiettivi 2030. Oltre alle risorse naturali disponibili, le differenze regionali possono essere attribuite a vari fattori socioeconomici e istituzionali.
Nell’ambito dello studio della diffusione delle fonti energetiche rinnovabili, gli effetti dell’assetto istituzionale e culturale sono stati poco indagati, ma, come sostenuto da Brunnschweiler (2010), “è probabile che i progetti di energia rinnovabile, come altri tipi di progetti di investimento, beneficino di stabilità politica generale, quadri normativi solidi, governance efficace e diritti di proprietà sicuri” (2010, pag. 251).
Secondo il rapporto Legambiente (2023), sono gli ostacoli normativi, burocratici e culturali che frenano la transizione energetica in Italia. I tempi, la complessità e i costi degli iter autorizzativi (il cosiddetto permitting) rendono il processo non trasparente, imprevedibile e iniquo, aumentando il rischio di esposizione alla corruzione.
Guardando ai dati, infatti, al 17 gennaio 2024, sono 1.376 i progetti di impianti a fonti rinnovabili in lista d’attesa e ancora in fase di valutazione, un numero crescente rispetto a quello del 2023 che registrava 1.364 richieste, con il 76% di queste localizzate nel Mezzogiorno tra Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna. Nel 2022, soltanto l’1% degli impianti fotovoltaici ha ottenuto l’autorizzazione, mentre la situazione è ancora più critica per l’eolico on-shore, che non ha ricevuto alcuna approvazione (Legambiente, 2023, 2024).
Oltre all’ostacolo del permitting, nello sviluppo delle rinnovabili, l’accettazione sociale dei progetti e delle politiche infrastrutturali rimane un ostacolo importante. Storie di blocchi alle rinnovabili provocate da sindromi NIMBY (Not In My Backyard: non nel mio giardino) e NIMTO (Not In My Terms of Office: non durante il mio mandato) dal Nord a Sud della penisola mostrano come l’opposizione dei cittadini, preoccupati per le conseguenze sull’agricoltura e sul patrimonio paesaggistico, e delle amministrazioni locali, timorose di perdere consenso tra gli elettori, si manifesti contro l’installazione di grandi impianti rinnovabili. Queste opposizioni sono spesso una risposta al basso coinvolgimento delle parti sociali e alla scarsa consapevolezza dei benefici strutturali che tali investimenti possono apportare ai territori e alle famiglie, in termini di opportunità di crescita e innovazione.
In conclusione, sebbene alcune regioni italiane mostrino progressi nell’uso e nella produzione delle energie rinnovabili, altre devono ancora intensificare gli sforzi per allinearsi con gli obiettivi nazionali ed europei di transizione energetica. Oltre a migliorare l’aspetto normativo con un quadro di riferimento unico, promuovere il dibattito pubblico per una maggiore conoscenza, consapevolezza, collaborazione e partecipazione dei territori sono strumenti per migliorare l’accettabilità sociale e snellire i processi autorizzativi.
Note
[1] Il PNIEC specifica inoltre gli obiettivi di incremento della quota di energia da fonte rinnovabile per ciascun settore: 65% nel settore elettrico, 36,7% nel settore termico e 30,7% nel settore dei trasporti, ai fini del raggiungimento del target 2030.
Ulteriori approfondimenti
- Brunnschweiler, C.N., 2010. Finance for renewable energy: an empirical analysis of developing and transition economies. Environ. Dev. Econ. 15 (3), 241-274.
- Legambiente (2024). Scacco matto alle rinnovabili
- legambiente (2023). Scacco matto alle rinnovabili