Il geografo Edward Relph, nel suo libro Place and Placelessness (1976), individua il senso del luogo come una componente critica dell’identità. Egli descrive il collegamento tra persona e luogo come una relazione su tre livelli: le caratteristiche fisiche o l’aspetto di un luogo, le attività osservabili che si verificano in quel luogo, e il significato che tra questi si sviluppa.
Nell’ambito delle scienze cognitive e del pensiero incarnato, Mark L. Johnson ci propone di sperimentare le nostre continue interazioni con il luogo fisicamente e culturalmente. In The Embodied Meaning of Architecture, Johnson esprime la necessità di dare un significato e di comprendere la possibile esperienza che un oggetto offre nell’ambiente circostante, sottolineando che le “percezioni, sentimenti, emozioni, pensieri, valutazioni e azioni sono determinate dalle interazioni incarnate con l’ambiente fisico, come le relazioni interpersonali, e le nostre istituzioni e pratiche culturali” (Johnson 2015).
In tutti i campi, dagli studi urbani, alla geografia e alla pianificazione, c’è consenso tra gli studiosi sul fatto che le nostre esperienze urbane sono intrecciate con le “dimensioni sociali, psicologiche e culturali del luogo”. Questa ricerca può solo a prima vista escludere un forte coinvolgimento delle neuroscienze, ma come sostiene John Dewey in Art as Experience, “la vita si svolge in un ambiente, non semplicemente al suo interno, ma a causa e attraverso un’interazione con questo” (Dewey 1934). Punter (1991) concepisce le nostre esperienze, e il senso del luogo, in relazione alle componenti dell’identità del luogo dove il significato si riferisce ad “associazioni culturali o funzioni percepite”, l’ambiente fisico al “paesaggio, città, forma costruita o arredi”, e le attività agli “usi del territorio, flussi pedonali, modelli di comportamento”.
Il significato è relazionale: è una danza tra un oggetto e la potenziale esperienza dallo stesso suggerita. Secondo Johnson (2015), l’organizzazione del luogo e dei suoi edifici “risponde contemporaneamente al nostro bisogno di un abitare fisico e al nostro bisogno di significato”, e qui si crea l’opportunità dell’architettura.
La ricerca di Johnson del significato incarnato porta alla conclusione che gli esseri umani sperimentano l’architettura come “donatrice di senso e significante”, offrendo essenzialmente una guida per collocarci nel nostro ambiente, ed ospitando potenziali affordance riferite al nostro interesse alla creazione di significato. Questo scambio inizia dall consapevolezza che l’identità del luogo coinvolge le componenti dello spazio urbano, come i “patterns luminosi, le relazioni strutturali, i contrasti, il flusso, i ritmi e altri elementi significativi” .
L’identità del luogo spiega le profonde connessioni tra persone e forma urbana, ma è la categorizzazione di queste relazioni che fa appello alle nostre emozioni. L’attaccamento, le reazioni positive e le connessioni con gli spazi familiari, possono essere intesi come la costruzione di questo legame, simile all’atto di piantare radici. Vissuto come un senso di orgoglio comunitario, si dice che l’affetto al luogo sia radicato nella routine del suo uso.
La soddisfazione si ottiene quando i bisogni si allineano con la forma, offrendo sentimenti di sicurezza. I ricordi vengono attivati da una lunga permanenza e da esperienze infantili positive in quel luogo, dove il tempo diviene valore attraverso visite prolungate e frequenti in un luogo.
L’attaccamento o il senso del luogo possono esistere in modalità diverse: mancanza, appartenenza, attaccamento e sacrificio (Hashemnezhad et al., 2013).
Il sacrificio per un luogo attiva comportamenti volti all’interesse per la difesa del bene collettivo. L’attaccamento è caratterizzato da una connessione emotiva significativa. L’appartenenza implica una familiarità denotata da radici emotive. Infine, nella mancanza, l’attaccamento è reciso, alterato o non esiste. L’interruzione dell’attaccamento indica minaccia o perdita dell’identità, ed è associata ad un cambiamento economico o fisico. Il trauma emotivo che ne consegue, dallo spazio si riverbera all’interno delle reti sociali, con un impatto maggiore sulle comunità a basso reddito.
La sfida nel comunicare l’identità di un luogo risiede nella dimensione inconscia in cui viene vissuta, o come spiega Proshansky, “è solo quando il proprio senso del luogo è minacciato che qualcuno diventa consapevole di esso” (Proshansky et al 1983). L’identità del luogo è un filo conduttore tra le persone e i loro luoghi. Questo filo descrive risposte uniche che dipendono dalla loro “forma corporea, dai tipi di ambienti di vita, dalla storia culturale, dalle pratiche, e dalle istituzioni vissute” (Johnson 2015). Gli spazi urbani che progettiamo costruiscono interazioni umane, se le nostre identità e le emozioni che esprimiamo sono tradotte nel costruito. Questo delicato scambio è molto significativo, ma la sua coreografia è così subconscia da essere quasi invisibile.
La teoria del luogo suggerisce che un forte attaccamento offre la comprensione delle connessioni nella comunità. Nell’ambito della psicologia ambientale, Pretty spiega questo legame tra sentimento e forma del luogo affermando che i valori individuali “prodotti dai luoghi che si ritengono significativi, hanno un impatto sull’impegno delle persone”, a restare sul posto e sull’azione tesa a mantenere vivo il proprio luogo (Pretty et al. 2003). Johnson offre una visione complementare, dall’interno della scienze cognitive, sottolineando che il luogo e la sua struttura fisica informano le nostre azioni potenziali quando descrive come anche nei momenti in cui “vediamo semplicemente un edificio, prima ancora di entrarvi, sentiamo le potenziali interzioni suggerite dalla sua forma plasmare con forza il nostro coinvolgimento nei suoi confronti” (Johnson 2015). Questa relazione corporea con l’architettura innesca l’interazione tra la dimensione fisica, sociale e culturale e la condivisione di valori, che si traduce in un innesco spaziale a creare una relazione con il nostro ambiente attraverso un significato incarnato che “evidenzia degli ideali su come il nostro mondo potrebbe essere trasformato” (Johnson 2015).
In una professione che crea coreografie di luoghi e persone, la considerazione del corpo nella progettazione è essenziale perché “il modo in cui usiamo il nostro corpo è strettamente legato al modo in cui pensiamo al mondo, alle categorie che usiamo per pensarlo e al modo in cui percepiamo gli altri, trovando problemi reali quando incontriamo persone che non condividono questi presupposti”. Dalla letteratura scientifica sul tema emerge come, per l’esperienza personale e collettiva, l’identità sia parte integrante delle connessioni fisiche, sociali e culturali che una comunità ha con il luogo.
Il sapere espresso da un luogo è intriso delle interazioni dinamiche corpo-spazio che innesca. Semplice come concetto, trasferito come elemento di identità del luogo questo assume un valore incommensurabile. Questi elementi affettivi, le reazioni positive, e le connessioni con spazi familiari si traducono nelle radici e nei legami degli esseri umani nello spazio. Come professionisti del progetto, il nostro ruolo è proteggere i saperi evocati dai luoghi. Il coinvolgimento della comunità è molto importante, ma dobbiamo saper porre le domande giuste per dare corpo alle sue competenze, cercando l’esperienza vissuta dei gruppi.
Una volta messo in gioco il sapere incarnato custodito dal luogo, come pianificatori e professionisti, è nostro ruolo comprendere questi legami unici.
Con questo approccio avremo l’opportunità di assumere l’identità del luogo come una relazione chiave che rappresenta la posizione dei residenti, e di consolidare il legame emotivo con il luogo per costruire spazi urbani che custodiscono le memorie e il sapere corporeo delle forme urbane. In un paesaggio urbano in continua evoluzione, l’identità del luogo non è semplicemente un concetto teorico: è la pietra angolare, ed emotiva, su cui favorire la costruzione delle relazioni tra le persone.
Ulteriori approfondimenti
- Dewey, John. Art as Experience. Carbondale: Southern University Press, 1987.
- Johnson, Mark L. “The Embodied Meaning of Architecture.” Mind In Architecture: Neuroscience, Embodiment, and the Future of Design. The MIT Press, 2015: pp.33-50.
- Proshansky, H.M., Abbe K. Fabian and Robert D. Kaminoff. “Place-identity: Physical world socialization of the self.” Journal of Environmental Psychology 3 (1983): pp.57-83.
- Pretty, Grace H., Heather Chipuer, and Paul Bramston. 2003. “Sense of place amongst adolescents and adults in two rural Australian towns: The discriminating features of place attachment, sense of community and place dependence in relation to place identity.” Journal of Environmental Psychology 23(3): 273–87.
- Punter, J. “Participation in the design of urban space.” Landscape Design 200 (1991): pp. 24-27
- Relph, Edward. Place and placelessness. Sage Publications, 1976.