2 Maggio, 2024

Economie di agglomerazione: oltre la dimensione urbana

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Il tema delle economie di agglomerazione rappresenta un punto focale della ricerca di Roberto, ed è direttamente legato ad altri contributi in questo stesso numero speciale di DiTe (penso in particolare ai lavori di Roberta Capello, Tomaso Pompili, ed Ezio Micelli).

Roberto è stato un amante viscerale della città. Dei contesti urbani ha sottolineato la capacità di generare esternalità localizzate, capaci non solo di rendere più produttive le imprese, ma anche di ampliare la scelta di possibilità di consumo per i residenti. Su questo fronte, ha tuttavia offerto una visione critica della città stessa, superando la lettura relativamente piatta di gran parte di quella letteratura che conduce da Segal (1976) e Marelli (1981), attraverso la rinascita iniziata da Ciccone e Hall (1996), per giungere ai contributi più recenti partiti da Combes et al. (2009). 

La critica che Roberto muove a questo ambito di ricerca è la lettura meccanicistica della città: maggiori dimensioni (o densità) conducono ad una maggior produttività delle imprese (per di più, manifatturiere, nonostante un trend comune a tutti i Paesi avanzati di costante riduzione della quota dell’impiego manifatturiero nelle aree urbane. Sappiamo tuttavia che la città è un oggetto ben più complesso di un macchinario: essa contiene idee e persone, oltre alle merci, e le seconde nella città interagiscono favorendo la diffusione delle prime. Roberto suggerisce una rilettura di questo ambito, alla luce del ruolo fondamentale giocato dalle caratteristiche territoriali delle città (in particolare, le reti a lunga distanza, selettive, capaci di veicolare conoscenza fra città lontane), e la capacità delle città di attrarre funzioni di alto livello, al di là di quanto predetto dalle proprie dimensioni (Camagni et al., 2016).

Il pensiero di Roberto sulla necessità di superare la sola dimensione urbana parte da un articolo di cui Roberto era particolarmente orgoglioso e che ben rappresenta il suo spirito pionieristico, capace di pubblicare su riviste internazionali quando gran parte dell’accademia italiana preferiva scrivere su libri scientifici in italiano (Camagni et al., 1986). Insieme a Lidia Diappi e Giorgio Leonardi, Roberto propone un modello trainato dall’offerta (SOUDY) che integra dal punto di vista teorico tre elementi strutturalmente legati fra loro, ovvero l’innovazione urbana, la gerarchia delle città, e le interazioni spaziali.

Il paper muove dalla critica alla letteratura – allora dominante nel campo delle Scienze Regionali – della dimensione ottima della città, una critica basata sull’osservazione empirica che all’epoca del paper in numerosi Paesi si registra una contrazione della popolazione in una buona parte dei centri urbani. Per questo Roberto e coautori propongono di sostituire il concetto di dimensione ottima della città con quello di dimensione efficiente: an “efficient’ city-size interval exists separated for each hierarchical city rank, associated with its specific economic functions”. Con il SOUDY, Roberto abbandona l’approccio meccanicistico alla crescita della città, abbracciando quello stocastico: la città non cresce in modo ricorsivo attraverso il semplice circuito “maggiore efficienza, maggiore attrattività, maggiore crescita, maggiore efficienza”, ma solo se è in grado di innovare nelle funzioni che svolge, una condizione che permette alla città di posticipare i rendimenti decrescenti derivanti dalla dimensione crescente.

Il SOUDY prevede (sulla base dell’assunzione di ranghi urbani discreti alla Christaller) l’esistenza di intervalli di dimensione urbana efficiente, sui cui limiti esterni le città divengono sempre più candidate all’attrazione di funzioni urbane superiori, e quindi potenzialmente capaci di salti gerarchici.

Un secondo elemento fondamentale del pensiero di Roberto è relativo alla sua lettura del rapporto fra città e campagna, che integra in maniera critica la visione tradizionale dell’economia urbana (economie di agglomerazione infinite, basate sul beneficio netto di localizzazione di cui consumatori e imprese godono nel localizzarsi in città) con la visione più negativa, che discute il ruolo predatorio della città nei confronti della campagna. Questo pensiero concede un debito intellettuale nei confronti di alcuni grandi pensatori del passato (soprattutto David Ricardo e Adam Smith). La voracità intellettuale di Roberto non si fermava neppure di fronte al totem Marx, la cui opera (specialmente per quanto riguarda la teorizzazione della rendita) è stata spassionatamente analizzata nei suoi studi, e riassunta ed incorporata nel suo libro di testo. Nell’ultimo ventennio questa rilettura critica della dicotomia città-campagna si è tradotta in numerosi lavori pubblicati soprattutto su Scienze Regionali (ad esempio, Camagni, 2003), e ha fornito al gruppo di ricerca da lui fondato numerosi spunti che ci hanno portati a fornire una sintesi empirica dell’approccio christalleriano e zipfiano ai ranghi urbani (Capello et al., 2022).

L’amore di Roberto per la città è passato anche da un fertile, anche se talvolta burrascoso, dibattito di policy con innumerevoli enti locali, e soprattutto con istituzioni nazionali ed internazionali di assoluta rilevanza, con consulenza e ruoli dirigenziali ricoperti presso la Delegazione interministeriale per la gestione del territorio e l’attrattività regionale francese (DATAR), il Dipartimento aree urbane italiano, e l’European Spatial Development Perspective (ESDP) della Commissione Europea, ovvero l’ultimo grande tentativo delle istituzioni europee di gestire in maniera attiva e preventiva il naturale processo di concentrazione delle attività economiche nelle città di maggiori dimensioni, nonché di prevenire i costi della non azione (fra cui lo spopolamento e il crollo della qualità della vita nei territori soggetti a questi fenomeni).

Anche sul tema delle economie di agglomerazione Roberto si è distinto nella capacità di pensare in maniera originale, e talvolta ortogonale a qualunque campo o ideologia. Economista rigoroso e colto, ha sempre avuto il coraggio di lottare contro alcune letture eccessivamente banali della città da parte di molti colleghi mainstream. Benché questo gli abbia talvolta attirato le simpatie anche di alcuni colleghi neomarxisti (“Il nemico del mio nemico è mio amico”), Roberto è sempre sfuggito anche a questo secondo abbraccio, e si è ricavato uno spazio importante di libertà intellettuale, vero grande lascito anche per chi di noi continua ad occuparsi di città e ne prosegue l’agenda di ricerca.

Ulteriori riferimenti

Camagni, R. (2003). “I problemi aperti nell’economia territoriale”, Scienze Regionali – The Italian Journal of Regional Science, 2003 (2): 103-110.

Camagni, R. (2023). “Adam Smith (1723-1790): Uncovering his legacy for Regional Science”, in P. Batey and D. Plane (eds), Great minds in Regional Science Vol. 2”, Cham: Springer, pp. 13-70.

Camagni R, Diappi L, e Leonardi G (1986). “Urban growth and decline in a hierarchical system: a supply-oriented dynamic approach”, Regional Science and Urban Econics, 16 (1):145–160.

Camagni, R., Capello R, e Caragliu, A. “Static vs. dynamic agglomeration economies: Spatial context and structural evolution behind urban growth”, Papers in Regional Science, 95(1): 133–158.

Capello, R., Caragliu, A., e Gerritse, M. (2022). ”Continuous vs. discrete urban ranks: explaining the evolution in the Italian urban hierarchy over five decades”, Economic Geography, 98 (5): 438-463.

Ciccone A, e Hall R. E. (1996). “Productivity and the density of economic activity”, American Economic Review, 86 (1): 54-70.

Combes P-P, Duranton G, e Gobillon L (2008). “Spatial wage disparities: sorting matters!”, Journal of Urban Economics, 63: 723–742.

Marelli, E. (1981). “Optimal city size, the productivity of cities and urban production functions”, Sistemi Urbani 1(2):149–163.

Pumain, D. (2017). “In Economics not only space matters, but certainly also territory and politics”, in R. Capello (ed), “Seminal studies in Regional and Urban Economics”, Berlin (DE): Springer Verlag, pp. 161-165.

Segal, D. (1976) “Are there returns to scale in city size?”, Review of Economics and Statistics, 58 (3):339–350.

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