19 Luglio, 2025

La sfida dei comuni italiani: trattenere, attrarre e spendere

Tempo di lettura: 4 minuti

Dall’analisi dei dati del Conto Annuale della Ragioneria Generale dello Stato–IGOP, risulta che nel 2023 il personale in servizio presso le amministrazioni comunali ammonta a 341.659 unità, con una riduzione del 28,7% rispetto al 2007 (Figura 1).
Questa variazione riflette una progressiva e costante contrazione del personale comunale, conseguenza di precise scelte del decisore pubblico, come i blocchi retributivi e le misure di contenimento occupazionale (ad esempio, il blocco del turnover o il divieto per i comuni di assumere nuovo personale per ricollocare i dipendenti soprannumerari delle province).
Tuttavia, secondo una stima IFEL sui dati del MEF, nel 2024 il numero dei dipendenti comunali dovrebbe aumentare per la prima volta, raggiungendo circa 343.500 unità. Questo incremento si concentrerebbe soprattutto nel Mezzogiorno e nelle Isole, grazie alla stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili (LSU). Nei comuni con oltre 250.000 abitanti, invece, si prevede un ulteriore calo.

Figura 1 – Personale in servizio nelle amministrazioni comunali italiane, 2007-2024* (*stima IFEL)
Fonte: elaborazione IFEL – Ufficio Studi e Statistiche Territoriali su dati del Ministero dell’Economia e delle Finanze, anni vari

Nel 2023 i comuni italiani hanno assunto 29.875 unità di personale, mentre ne sono uscite 28.973 (Figura 2): un saldo positivo, seppur contenuto, dopo anni in cui le cessazioni avevano superato le assunzioni. Le numerose uscite non si spiegano solo con i pensionamenti dovuti all’età media elevata del personale, ma anche con le scelte volontarie di lasciare l’amministrazione comunale.

Figura 2 – Assunzioni e cessazioni di personale a tempo indeterminato nei comuni italiani, 2017-2023
Fonte: elaborazione IFEL – Ufficio Studi e Statistiche Territoriali su dati MEF anni vari

La Figura 3 mostra il trend delle cessazioni, distinguendo tra pensionamenti e “altre cause”, come le dimissioni volontarie per passare ad altre amministrazioni pubbliche. Dal 2017 sono andati in pensione, in media, circa 16.600 dipendenti a tempo indeterminato l’anno, mentre circa 13.700 hanno lasciato volontariamente ogni anno: una vera e propria emorragia. Addirittura, dal 2022, le dimissioni volontarie hanno superato i pensionamenti.

Questa tendenza è legata anche al livello retributivo, generalmente più basso nei comuni rispetto ad altre amministrazioni: ad esempio, un dipendente non dirigente in Categoria A percepisce nei comuni una retribuzione media lorda annua di 22.338 euro, contro i 26.328 euro delle Regioni. Il divario è ancora più ampio rispetto ai Ministeri e alle Agenzie Fiscali, dove la retribuzione media annua per un “operatore” si aggira rispettivamente sui 27.800 e 29.077 euro.

Se le attuali tendenze continueranno, IFEL stima che nei prossimi sette anni il comparto comunale perderà oltre 69.000 dipendenti a tempo indeterminato per pensionamento e circa 96.000 per altre cause (come dimissioni), per un totale di circa 165.000 unità, ovvero il 48% dell’attuale forza lavoro.

Figura 3 – Cessazioni di personale a tempo indeterminato nei comuni italiani per causa, 2017-2023
Fonte: elaborazione IFEL – Ufficio Studi e Statistiche Territoriali su dati MEF, anni vari

Si tratta di una perdita significativa di capitale umano, proprio mentre i comuni assumono un ruolo sempre più centrale nello sviluppo locale, anche per quanto riguarda la spesa in investimenti pubblici: nel 2024, i comuni rappresentano il 25% della spesa in investimenti della PA, tre punti percentuali in più rispetto al 2017.

Nel 2024 gli investimenti comunali hanno toccato i 19,1 miliardi di euro, più del doppio degli 8,3 miliardi del 2017, anche grazie all’impulso del PNRR. Nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, i dipendenti comunali si sono trovati a gestire oltre 62.000 interventi, affrontando una mole di investimenti senza precedenti. Questo, nonostante la costante diminuzione del personale negli uffici tecnici responsabili della progettazione delle opere pubbliche: tra il 2015 e il 2023, il numero di addetti in quest’ambito è calato del 17,4%.

Superata la fase più intensa del PNRR, il carico di lavoro non diminuirà: si entrerà nel vivo della programmazione 2021–2027 dei fondi di coesione, attualmente in ritardo (al 31 dicembre 2024 era stato speso solo il 4,6% delle risorse). L’impatto di tali fondi sulla spesa comunale si manifesterà nei prossimi anni, probabilmente verso la fine del ciclo di programmazione, mentre la “spinta” del PNRR andrà esaurendosi.

A prescindere dalla fonte di finanziamento (PNRR o fondi strutturali), per i comuni resta essenziale disporre di personale numericamente adeguato e qualificato, in grado di gestire le risorse, trasformarle in opere pubbliche funzionanti e garantire servizi di qualità alla cittadinanza.
Ciò che fa la differenza, è la qualità del capitale umano: a loro è stato affidato gran parte del successo del PNRR e dell’attuazione della nuova politica di coesione europea.


*Il lavoro riflette esclusivamente le opinioni dell’autrice senza impegnare la responsabilità dell’Istituzione di appartenenza

Approfondimenti