Il 7 maggio 2025 il Senato ha approvato in via definitiva il disegno di legge di conversione del DL PA (Decreto-legge 14 marzo 2025, n. 25, recante disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni). Il tutto è avvenuto nella consueta indifferenza mediatica che accompagna spesso le questioni della pubblica amministrazione, ritenute noiose ma che in realtà, come in questo caso, toccano nodi irrisolti e controversi. Questioni che covavano da oltre un decennio, tanto che lo stesso ministro Zangrillo ha definito il provvedimento come “una rivoluzione organizzativa silenziosa, ma indispensabile”. L’ennesima, che senza le scadenze del PNRR forse non avrebbe mai visto la luce. Certo, resta da capire come evolverà, ma proviamo a essere fiduciosi.
Tra le principali novità evidenziate dal Dipartimento della Funzione Pubblica e contenute nel decreto, troviamo: l’obbligo generalizzato di utilizzo del Portale INPA per tutte le fasi concorsuali (art. 3); la riforma dei comandi e delle mobilità, con limiti temporali e vincoli per le amministrazioni inadempienti (art. 3, comma 2); la centralizzazione del reclutamento dei dirigenti di seconda fascia tramite RIPAM e SNA (art. 3); il rafforzamento del concorso pubblico come canale ordinario di accesso alla PA, mediante un’interpretazione autentica che elimina ogni ambiguità (art. 4).
Quella che appare – almeno sulla carta – come la parte più interessante del provvedimento è il Capo I, dedicato alle “Disposizioni per favorire il reclutamento di giovani nella pubblica amministrazione e per il superamento del precariato”. Si tratta di un passaggio cruciale che apre prospettive nuove di accesso al pubblico impiego, ma senza affrontare due nodi fondamentali: la capacità della PA di attrarre personale giovane e qualificato, e la necessità di trattenere le risorse esistenti, cioè di mettere in campo vere politiche di talent retention per ridurre il turnover.
È proprio qui che il sistema mostra le sue criticità. Guardando ai soli comuni, dal 2022 le dimissioni hanno superato i pensionamenti: tra il 2017 e il 2023 sono state registrate 95.825 uscite, molte delle quali verso altre amministrazioni pubbliche. Le retribuzioni nei comuni, infatti, sono tra le più basse della PA: ad esempio, il personale non dirigente percepisce in media 30.873 euro lordi annui, contro i 32.794 delle Regioni. Se il trend attuale dovesse confermarsi, nei prossimi sette anni il comparto comunale potrebbe perdere fino a 10.000 unità l’anno per pensionamenti e oltre 13.000 per altre cause: complessivamente, circa 165.000 uscite, quasi la metà del personale oggi in servizio.
Siamo di fronte a una vera e propria emergenza nazionale, che potremmo sintetizzare come una “transizione amministrativa”. Bisogna fare i conti, almeno, con due grandi trasformazioni: da un lato, l’evoluzione dei servizi comunali verso una crescente digitalizzazione e informatizzazione; dall’altro, un nuovo paradigma socioculturale che ha rapidamente modificato il modo di vivere e concepire il lavoro delle nuove generazioni.
Dal 2007 al 2023 i comuni hanno perso oltre 137.000 dipendenti, circa un terzo del totale. La domanda è inevitabile: com’è possibile che il sistema non sia crollato? E, anzi, come mai oggi i comuni – con il 29% di personale in meno – sono il primo soggetto attuatore del PNRR? I più maliziosi potrebbero pensare che quel 29% fosse in eccesso. Ma più che malizia, sarebbe superficialità. La PA, con il suo capitale umano, è ormai da anni considerata a tutti gli effetti un fattore produttivo: migliorarne la performance significa migliorare l’intero sistema Paese.
Come tutti i fattori di produzione, anche il lavoro nella PA è cambiato. Le innovazioni di prodotto e di processo sono all’ordine del giorno. Si pensi all’ANPR (Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente), che ha rivoluzionato l’accesso ai servizi anagrafici, rendendoli disponibili online, in autonomia, senza più passare dagli sportelli e quindi da molti operatori. Davvero si poteva pensare che la PA sarebbe rimasta immune da un ridimensionamento del personale? Solo una visione rigida e antiquata del lavoro poteva pensarlo. La PA, e in particolare i comuni, è in continua transizione: nuovi compiti, nuovi servizi, nuove tecnologie. Un passaggio dalla quantità alla qualità del capitale umano.
La seconda questione – tutt’altro che secondaria – riguarda l’evoluzione del mondo del lavoro e il modo in cui le nuove generazioni lo percepiscono. Oggi prevale una visione dinamica del futuro, che non è più visto come lontano ma come qualcosa da vivere pienamente, e più volte, lungo la propria esistenza. Il lavoro occupa ancora metà del tempo di vita, ma è sempre meno accettata l’idea di trascorrerlo tutto nello stesso posto, con lo stesso ruolo, le stesse persone, le stesse mansioni.
Conta di più il tempo personale rispetto a quello lavorativo, non per disinteresse, ma per il desiderio di un impiego che lasci spazio all’espressività individuale. Gli incentivi che un tempo rendevano attrattivo il lavoro pubblico – remunerazioni sicure, progressioni chiare, pensioni solide – oggi appaiono sempre più deboli. Cresce la convinzione che, a parità di impegno, non vi sarà un ritorno economico paragonabile a quello delle generazioni precedenti, né una pensione garantita.
Per questo, la logica del “posto fisso” non è più sufficiente. Si cercano ambienti dinamici, crescita rapida, retribuzioni adeguate, esperienze multidisciplinari e possibilità di mobilità orizzontale. Sempre più raramente un giovane immagina il proprio futuro lavorativo come fermo in un unico ufficio per tutta la vita. E nel pubblico impiego, salvo poche eccezioni, oggi non basta più la sola certezza di uno stipendio fisso per attrarre o trattenere i talenti.
* Il lavoro riflette esclusivamente le opinioni dell’autore senza impegnare la responsabilità dell’Istituzione di appartenenza
Approfondimenti
- “Nella Pa arriva la novità dell’age management” di Alessio Feoli
- “Oltre il concorso: ripensare il merito nella pubblica amministrazione” di Antonio Naddeo
- “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 marzo 2025, n. 25, recante disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni”