Simona Ballabio

Ha conseguito il dottorato di ricerca in Sociologia Applicata e Metodologia della Ricerca Sociale presso l’Università di Milano-Bicocca. Dal 2010 lavora presso l’Istat occupandosi di raccolta dati, di promozione e diffusione della cultura statistica e di ricerca e analisi soprattutto a livello territoriale. Dal 2020 è professore a contratto in statistica presso il Dipartimento di Scienze Economico-Aziendali e Diritto per l’Economia dell’Università di Milano-Bicocca.

Rischio povertà e Covid-19: un’analisi dei fattori di fragilità a livello territoriale

Nel 2020 la crisi innescata dalla pandemia dovuta al Covid-19 ha avuto un effetto cruciale in termini socioeconomici con un forte impatto sui rischi di povertà. Tuttavia, questi rischi non si sono distribuiti uniformemente nella popolazione e nel contesto territoriale italiano ma hanno colpito maggiormente le famiglie che erano (o si sentivano) già povere prima della pandemia. In particolare, i soggetti che sembrano aver subito gli effetti più consistenti sono sia quelli che vivono nei comuni di medio-piccole dimensioni delle aree del Nord e del Centro sia i lavoratori meno tutelati nel mercato del lavoro, ossia i lavoratori autonomi e a seguire i non occupati e i lavoratori precari.

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I vantaggi economici e sociali del reinsediamento manifatturiero nelle aree urbane

Il reinsediamento manifatturiero nelle aree urbane è da anni oggetto di riflessione e costruzione di politiche pubbliche in diverse metropoli globali. L’insediamento e la crescita di imprese nel campo della manifattura digitale e del nuovo artigianato sono perseguiti allo scopo di contribuire al rilancio del ceto medio correlato a nuovi processi di rigenerazione. Tale tematica chiama in causa il rapporto fra aree urbane e territori produttivi che nel caso di Milano suggerisce nuove forme di divisione del lavoro fra il capoluogo lombardo e il Made in Italy su scala nazionale.

Distanti ma vibranti. La capacità dei luoghi di adattarsi alla perifericità

In anni recenti molti esponenti del mondo accademico e tra i policy makers si sono schierati contro la narrazione dominante che le zone marginali siano destinate ad un inesorabile destino di abbandono e lenta scomparsa. Esistono in realtà alcuni territori, che abbiamo definito ‘vibranti’, capaci di resistere alla tendenza allo spopolamento adattandosi alla loro perifericità. Comprendere quali siano gli elementi esogeni, o quali le risorse endogene su cui hanno fatto perno, diviene un importante fattore di conoscenza per chi ha la responsabilità di proporre strumenti per promuovere la coesione territoriale e ridurre le disparità territoriali.

Dalla rigenerazione alla rimilitarizzazione delle ex caserme dismesse. Il caso della Caserma Trieste a Casarsa della Delizia

La storia dell’ex Caserma Trieste racconta le politiche atte a riscattare quest’area abbandonata per farne un modello utile a realtà simili. Purtroppo, nel quadro geopolitico grandemente mutato, l’importanza del confine nord-orientale italiano assume un nuovo ruolo e la retrocessione dei luoghi ex-militari alle comunità locali è più così certa.

Il progetto NEO a Gagliano Aterno

I piccoli paesi appenninici ribollono di complessità e divengono luoghi fertili per territorializzare alternative culturali e socioeconomiche in tempi di transizione ecologica ed energetica. La dimensione di scala, i vuoti relativi e la posizione decentrata rispetto ai grandi centri antropizzati facilitano tali ambizioni. Attraverso la formazione di operatori di comunità, facilitatori territoriali e neo-popolamento si sperimentano trasformazioni ideologiche e materiali in spazi fragili e marginalizzati sul campo attraverso diversi progetti.