Una brutale accelerazione
Le stime economiche legate alle perdite immobiliari derivanti dall’impatto del cambiamento climatico sul patrimonio immobiliare costiero delle regioni Veneto Friuli Venezia Giulia –38 miliardi di euro entro i prossimi trent’anni e circa 44 miliardi entro un secolo– richiamano scenari di collasso finanziario globale che solo fino a pochi anni fa si ritenevano appannaggio della sola narrativa fantascientifica o distopica. Romanzi come The Deluge di Stephen Markley (2023) o The Ministry for the Future di Kim Stanley Robinson (2020) descrivono sistemi assicurativi travolti da catastrofi climatiche crescenti, incapaci di far fronte ai risarcimenti. In queste opere si immagina il tracollo di compagnie assicurative e riassicurative, incapaci di coprire eventi sempre più frequenti e costosi, con governi costretti a intervenire come “pagatori di ultima istanza” nonostante siano già fortemente indebitati. Una conseguenza, nel racconto di Robinson, sarebbe proprio la perdita di fiducia nella moneta e il rischio di crollo dell’intero sistema economico.
Sebbene si tratti di fiction, la realtà fornisce segnali che rendono questi scenari sempre meno irrealistici. Studi scientifici hanno dimostrato che le inondazioni ricorrenti avranno effetti devastanti sul paesaggio e sulla vivibilità delle comunità costiere ben prima che l’innalzamento permanente del livello del mare sommerga i territori. A supporto di questa tesi ci sono anche i dati della National Oceanic and Atmospheric Administration, secondo cui negli Stati Uniti nel 2023 si sono verificati ben 28 eventi meteorologici e climatici con danni superiori al miliardo di dollari, rispetto ai soli tre registrati nel 1980. Fenomeni estremi come l’uragano Milton, che ha colpito la Florida nell’ottobre 2024, confermano l’accelerazione di questa tendenza, rendendo sempre più evidente l’impatto diretto sugli immobili e sulle economie locali.
Ripensare il futuro dell’Alto Adriatico: tra acqua, terra e nuove possibilità
Quando si parla di cambiamento climatico e innalzamento del mare, il pensiero corre spesso a scenari catastrofici: coste sommerse, città perdute, comunità costrette a migrare. Ma la ricerca qui esposta ha scelto un approccio diverso: non vuole descrivere un futuro distopico, bensì immaginare come le aree costiere italiane –ed in particolare l’Alto Adriatico– possano essere rimodellate e reinventate di fronte a una sfida epocale.
Questo nella convinzione che il destino delle città non sia scritto soltanto nella loro collocazione geografica e nell’evoluzione dei fenomeni naturali, ma anche nella loro capacità di adattarsi, trasformarsi, competere, come sostenuto dall’economista statunitense Matthew Kahn, che invita a guardare oltre a soluzioni immediate, spesso costose e insufficienti, come dighe e barriere artificiali.
L’Alto Adriatico sembra essere in questo senso un banco di prova ideale. I principali problemi e minacce sono noti: coste fragili, aree bonificate che rischiano di tornare paludi, città e località turistiche costruite a pochi metri di distanza dal mare. Ma è proprio in questa vulnerabilità che si nasconde una grande opportunità: se infatti gli schemi di sfruttamento delle coste si ripetono con impressionante regolarità in tutto il pianeta, la sperimentazione di nuovi modelli in Veneto e Friuli Venezia Giulia potrebbero diventare un riferimento per altre regioni, europee e non.
A partire dalla mappatura delle vulnerabilità a fenomeni di inondazione della fascia costiera dell’Alto Adriatico, la ricerca propone di considerare tre categorie per la riconfigurazione di questi territori:
- inture anfibie, zone di transizione dove terra e acqua si mescolano e dove si potrebbero sviluppare nuove forme di convivenza;
- zone di valore concentrato, ovvero aree dove sono localizzati patrimoni di alto valore culturale e aree turistiche e immobiliari di pregio che con grande probabilità saranno difese da nuove infrastrutture;
- zone asciutte, più lontane dal mare, destinate a diventare i nuovi poli urbani di riferimento.
Un adattamento radicale
Immaginiamo di trovarci nel 2125. Ampie porzioni di territorio, oggi tenute artificialmente asciutte, sono state restituite all’acqua attraverso inondazioni controllate. Non si tratta di una resa, ma di una scelta pianificata: al contempo, beni culturali di valore universale sono stati preservati, mentre vecchie aree industriali sono state bonificate e riconvertite.
Località turistiche come Jesolo, Bibione, Lignano o Grado continuano a prosperare, protette da nuove opere ingegneristiche. Ma attorno a loro si sviluppa qualcosa di inedito: una fascia anfibia di circa 30 chilometri di ampiezza, un paesaggio ibrido dove convivono pesca, nuove colture resistenti alla salinità e implementazioni di innovazioni tecnologiche. Le infrastrutture già esistenti –come l’autostrada A4 e la ferrovia Venezia-Trieste– diventano la spina dorsale di questa nuova geografia, affiancate da rotte marittime che rafforzano la mobilità e la sicurezza in caso di emergenze ambientali. Questo cambiamento non riguarda soltanto l’acqua e la terra, ma anche le persone. Alcuni centri urbani oggi marginali potrebbero ritrovare centralità, collocandosi lungo il futuro confine strategico tra le zone asciutte e quelle anfibie. In altre parole, la trasformazione non sarebbe solo fisica: ridefinirebbe equilibri sociali, culturali ed economici, proprio come è già accaduto più volte nella storia.

Il Nordest italiano diventerebbe così un laboratorio unico: un luogo dove la memoria del passato e la progettazione del futuro si intrecciano. E dove la lotta al cambiamento climatico non viene vissuta come una condanna, ma come l’occasione per riscrivere, ancora una volta, il rapporto tra uomo e ambiente. Non una catastrofe annunciata, dunque, ma un nuovo inizio che potrebbe trasformare l’Alto Adriatico da area fragile a simbolo globale di adattamento ad un cambiamento climatico che non è più una proiezione: per queste aree costiere l’innalzamento del livello del mare rappresenta una sfida già in atto. Per un territorio in gran parte bonificato, come quello costiero compreso tra Venezia e Trieste, ciò significherebbe rimettere in discussione assetti urbani, economici e culturali costruiti nell’arco di secoli, aprendo scenari alternativi, capaci di integrare sostenibilità, giustizia climatica e competitività economica.

- Le stime economiche sono state prodotte e visualizzate da chi scrive, Alvise Pagnacco e Federico Vascotto. Vedasi il testo “Valutare irischi climatici e immobiliari. Un nuovo approccio cartografico per l’Alto Adriatico”
Approfondimenti
- Kahn, M.E. (2010) Climatopolis: How Our Cities Will Thrive in the Hotter Future. New York City: Basic Books.
- Markley, S. (2023) The Deluge. New York: Simon & Schuster. Tr. It Diluvio. Torino: Einaudi (2024)
- Robinson, K.S. (2020) The ministry for the future. New York City: Orbit. Tr. It Il ministero per il futuro. Roma: Fanucci editore (2022)


