La Direttiva 2006/123/CE, cosiddetta Bolkenstein, “liberalizza” l’esercizio delle attività economiche con forti ripercussioni sulla regolamentazione italiana nel rilascio delle concessioni demaniali a finalità turistico-ricreative a operatori economici privati. Riflettere sul futuro delle coste implica aprire una discussione profonda e articolata capace di oltrepassare questioni specifiche e di svelare nuove potenzialità di vasti territori.
Alla luce del ritardo della disciplina che regola lo spazio demaniale di quanto sia necessaria una revisione degli strumenti di pianificazione comunali, la “Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021” porta l'Italia più vicina agli standard europei e ci costringe a fare i conti con il nostro senso civico nel rispetto delle leggi. Ma in attesa dei decreti legislativi che cosa succede? Si fa riferimento a due casi di cronaca: il Jova Beach Party sulla spiaggia di Casabianca e il Piano delle coste del Comune di Salve (LE).
Partendo dalla promozione del turismo e dall’implementazione di mega-progetti di trasformazione urbana, alcune riflessioni e contraddizioni che caratterizzano lo sviluppo urbano, tra obiettivi mirati ad aumentare la competitività dei territori e a rispondere ai bisogni reali locali. Lo scopo finale è far emergere alcune questioni generali che interrogano la capacità delle politiche e della Politica di governare lo sviluppo a partire dai territori.
Durante la pandemia, il settore del turismo ha vissuto tre fasi: il fermo improvviso, poi un breve periodo nel quale ha considerato il lockdown come un’opportunità per riformarsi in maniera sostenibile, ed infine la ripartenza tornando a correre più veloce di prima, con un impatto spesso pesante e disomogeneo sui territori turistici. Oggi, al settore turistico italiano manca ancora quella capacità di governo e di coordinamento delle destinazioni che la complessità del prodotto turistico rende necessaria.
Il testo prende in esame sei lezioni apprese dalle presentazioni di Abitare il Vortice nelle città italiane nel 2023. 1) L’abitare si è posto ovunque al centro della discussione sulle città, e non se ne andrà 2) Il cambio di passo nella lotta alla gentrificazione 3) L’egemonia incontrastata dell’overtourism 4) C’è una domanda sempre più diffusa di città 5) C’è una sete enorme di sapere pubblico e condiviso sulla città 6) C’è una domanda pervasiva di nuovi immaginari urbani.
Seguendo allo stesso tempo l’evoluzione del dibattito e il percorso personale dell’autore, “Abitare il vortice” esemplifica efficacemente la necessità di guardare oltre le forme che la città assume per indagare i processi che tali forme producono, a partire da alcuni interrogativi finalmente divenuti centrali ma in larga parte irrisolti: come si produce ‘valore’ nella città e nell’economia urbana contemporanea? Chi lo produce, e chi se ne appropria? Di chi è la città? E come fare per riappropriarsene?
Il libro di Niessen offre una profonda analisi della società urbana contemporanea, esplorandone alcuni processi chiave a partire da un insieme molto organico composto da piccole storie e grandi sistemi, dettagli e sguardi d’insieme, storie e aneddoti. L’autore ci invita a riflettere sul significato di cultura, sulle forze che mettono la nostra vita sociale in pericolo ma offre anche gli strumenti da mettere in campo per riprendersi la città.
Nel suo Abitare il vortice Bertram Niessen analizza criticamente la realtà della città contemporanea, interessata da processi sempre più spinti di finanziarizzazione, gentrificazione e turistificazione, e ciononostante ancora capace di produrre nuove spazialità e pratiche collettive di dissenso. Dalla sua lettura sembra emergere una evidente dualità: quella tra città “concepita”, plasmata dalle amministrazioni, dal capitale finanziario e dal city branding, e città “praticata”, animata dai movimenti dal basso e da una cultura diffusa che apre costantemente a nuovi modi di fare comunità.
In Italia, la maggior parte delle spiagge è trattata come una risorsa commerciale anziché come un bene pubblico. Questo approccio ha condotto a una massiccia privatizzazione delle spiagge, soprattutto nelle zone con alta domanda sociale. Inoltre, ha trasformato una questione legata alla gestione di beni collettivi in un dibattito incentrato sul rinnovo delle concessioni o sulle loro aste. La gestione delle spiagge dovrebbe invece prioritariamente rispondere alle necessità della società, garantendo l'accesso gratuito e considerando anche gli aspetti ecologici. Questo potrebbe essere realizzato tramite una graduale riduzione delle concessioni nelle regioni con elevata richiesta e una ridefinizione delle tariffe per assicurare l'accessibilità per tutti.