Rispondendo ad alcune domande, l’autore illustra la rilevanza che dovrebbe avere nei processi decisionali urbanistici, anche in Italia, la consultazione dei cittadini nella deliberative democracy. Citando la recente esperienza in India dell’Urban Transport Project a Mumbai e la costruzione di un’autostrada di interesse intercomunale in Francia, Sabino Cassese spiega perché lo scarso ricorso alla democrazia partecipativa a livello amministrativo sia oggi un problema, anche davanti alle diverse forme di populismo che sembrano crescere in tutta Europa.
Credendo nell’importanza della partecipazione anche per l’attuale urbanistica e nella validità ancora oggi dell’insegnamento del suo maestro a riguardo, Franco Mancuso ricorda due procedure partecipative che ha vissuto con G. De Carlo, entrambe caratterizzate dalla sua fiducia nella partecipazione come momento essenziale di ogni processo di progettazione. La prima alla fine degli anni Cinquanta per la redazione del Piano Regolatore di Urbino e la seconda all’inizio degli anni Settanta per la progettazione del villaggio Matteotti a Terni.
Due progetti avviati da Fondazione Riusiamo l’Italia in Basilicata nel 2022 per sperimentare nei territori rurali del Mezzogiorno metodi e approcci sul riuso creativo, temporaneo e partecipato. Il primo progetto denominato “Mappa delle opportunità ritrovate” è attuato per conto del GAL Cittadella del Sapere consiste in un processo di mappatura del patrimonio dismesso o sottoutilizzato. Il secondo progetto intitolato “Next Generation - Sant’Arcangelo Hub Giovani” ha lo scopo di valorizzare il talento e le competenze di giovani che possano supportare progetti di innovazione in campo sociale, culturale, ambientale e turistico. Le due esperienze definiscono un approccio ad alta vocazione generativa che richiede limitate risorse di adattamento sulle “cose” e maggiori investimenti sulle persone e sulle comunità, sul loro empowerment e sulla propensione a costruire nuovi modelli di sviluppo durevole e sostenibile.
L’articolo vuole mettere in luce la necessità di porre le comunità come protagoniste della creazione di spazi pubblici inclusivi. L’utilizzo delle lenti della prospettiva di genere in questo tipo di processi può essere occasione di riscoperta, in nuove forme, di alcuni strumenti fondamentali: i laboratori.
Il backshoring si configura come una strategia chiave per il rilancio dell’economia europea, e a sostegno delle criticità dell’economia europea evidenziate dal Rapporto Draghi (2024). All’interno del progetto Horizon TWIN SEEDS sono state sviluppate molte analisi volte alla comprensione dell’impatto del backshoring sulle dinamiche occupazionali, sulla crescita e sulle disparità regionali. Il risultato è molto chiaro: il rientro delle attività industriali in Europa favorisce crescita e occupazione in modo territorialmente disomogeneo, un processo che porta ad un deterioramento della disparità tra regioni e, all’interno di esse, della distribuzione del reddito tra gruppi di individui e tra fattori produttivi. Il rischio di accentuazione delle disuguaglianze rende imprescindibile l’adozione di politiche di supporto volte a mitigare gli effetti negativi e a garantire una transizione equilibrata.
Il reshoring, nelle forme di nearshoring e backshoring, è promosso dall’UE per avviare un processo di reindustrializzazione, ma gli effetti di questo fenomeno a livello macroeconomico restano poco studiati. Un’analisi econometrica mostra che in media il backshoring incide poco sulla crescita occupazionale manifatturiera, suggerendo che automazione e tecnologie digitali creino valore senza aumentare l’occupazione. Tuttavia, il fenomeno ha effetti diversi in regioni diverse. Nelle regioni manifatturiere tradizionali, grazie al backshoring, l’occupazione registra un incremento, ad indicare che la reindustrializzazione permette un rilancio delle tradizionali vocazioni industriali locali. Lo stesso effetto positivo non è individuato nelle regioni che emergono come nuove localizzazioni manifatturiere in Europa, a sostegno dell’importanza e della necessità di politiche industriali mirate per tipologie di regioni.
Il concetto di polarizzazione del mercato del lavoro, teorizzato dagli economisti americani Katz, Autor e Acemoglu, descrive la crescita dell’occupazione nelle occupazioni altamente qualificate e in quelle a basso salario, a discapito delle professioni intermedie. Nel progetto Twin Seeds, si dimostra che le catene globali del valore (GVC) hanno amplificato il fenomeno, consentendo alle imprese di esternalizzare attività meno strategiche. L’analisi mostra infatti come la presenza sia delle case madri sia delle imprese controllate contribuiscano alla polarizzazione. Questi risultati suggeriscono che esiste uno spazio normativo per mitigarne gli effetti.
Negli ultimi 15 anni, il declino dell’integrazione economica globale è stato motivato, oltre che da crisi geopolitiche e pandemia, da una crescente domanda di protezionismo da parte dei cittadini, soprattutto nei paesi più sviluppati dal punto di vista economico. Questo sentimento si è tradotto in un crescente sostegno elettorale per movimenti politici in aperta opposizione all’integrazione economica internazionale. Il progetto TWIN SEEDS analizza le percezioni dei cittadini UE sul commercio internazionale, evidenziando maggiore ostilità tra i lavoratori meno qualificati e variazioni tra gli altamente qualificati in base all’intensità ed alla modalità con la quale la comunità in cui vivono partecipa al commercio internazionale. I risultati sono coerenti con l’idea che l’integrazione commerciale generi i maggiori costi nelle comunità specializzate in fasi produttive meno avanzate, riducendo il benessere di tutta la popolazione, indipendentemente dalla qualifica professionale individuale. I risultati suggeriscono la necessità di politiche redistributive volte a mitigare le disuguaglianze tra gruppi di individui, aumentando il benessere sociale.
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