In anni recenti molti esponenti del mondo accademico e tra i policy makers si sono schierati contro la narrazione dominante che le zone marginali siano destinate ad un inesorabile destino di abbandono e lenta scomparsa. Esistono in realtà alcuni territori, che abbiamo definito ‘vibranti’, capaci di resistere alla tendenza allo spopolamento adattandosi alla loro perifericità. Comprendere quali siano gli elementi esogeni, o quali le risorse endogene su cui hanno fatto perno, diviene un importante fattore di conoscenza per chi ha la responsabilità di proporre strumenti per promuovere la coesione territoriale e ridurre le disparità territoriali.
Ci sono buone ragioni per riprendere una riflessione intensiva sulla mutazione in corso nei processi di formazione e impiego dei capitali finanziari che maggiormente incidono sulla rigenerazione di città e territori. Nel testo, per motivarne la necessità, si prende spunto dall’insufficiente approfondimento delle nuove condizioni di pattuizione pubblico-privato per gli interventi sul patrimonio esistente e dalle difficoltà che riguardano il governo degli usi temporanei, in particolare degli affitti brevi investiti dalle logiche della rendita finanziaria.
La negoziazione in urbanistica, ossia la ricerca di un accordo tra l’Amministrazione comunale ed i proprietari degli immobili da trasformare, da sempre è una pratica molto diffusa. Inaccettabile è il perpetuarsi di un atteggiamento distratto nei confronti di tale pratica, talvolta ammantato di sdegno moralistico, quando parti estese della città contemporanea sorgono sotto il segno di accordi”, che “attorno ai tavoli negoziali” possono prendere” forma politiche e progetti urbani che richiedono un bilanciamento delle reciproche convenienze di attori pubblici e privati, nonché una esauriente valutazione degli impatti sulla cittadinanza e sull’ambiente”.
La pianificazione urbanistica ovvero quella funzione attribuita ai comuni di determinare attraverso il piano – ordinata temporale e spaziale a fini di risultato – un assetto ordinato degli interessi sul territorio sta subendo profondi mutamenti. L’esito di queste innovazioni si riflette sui procedimenti di pianificazione che da atti generali assumono il carattere di piani settoriali in variante allo strumento urbanistico generale o in attuazione di prescrizioni generali dettate dal piano strutturale per gli ambiti di trasformazione.
La rendita e la finanziarizzazione condividono meccanismi di produzione e cattura del plusvalore che determinano rilevanti impatti spaziali, sebbene si distinguano per risorse impiegate e tipo di relazioni sociali mobilitate. La comprensione di questi fenomeni richiede un'analisi integrata dei loro intrecci all'interno delle trasformazioni del capitalismo. La pianificazione spaziale, nonostante i suoi limiti operativi, deve riappropriarsi di una prospettiva critica sulla rendita, al fine di delineare alternative per lo sviluppo di città e territori e dare nuova legittimità, e senso, alla sua azione
A una elaborata lettura teorica della rendita, Roberto Camagni ha sempre affiancato una riflessione sugli strumenti che ne consentono la restituzione alla comunità. Il confronto sugli strumenti per la cattura dei plusvalori immobiliari - perequazione, accordi e diritti edificatori - è stata occasione per riflettere su opportunità e limiti di una nuova stagione di dialogo tra economia e urbanistica.