15 Giugno, 2025

Solidarietà alimentare: la rete Caritas come risposta alla povertà alimentare

Tempo di lettura: 6 minuti

Negli ultimi quindici anni, la povertà assoluta in Italia è più che raddoppiata, passando dal 3,7% della popolazione nel 2007 a circa il 9,7% nel 2023 (Istat,2024); parallelamente, si è sviluppata una maggiore consapevolezza sulla dimensione alimentare della povertà, che colpisce diverse fasce della popolazione, inclusi minori e famiglie vulnerabili anche nel nostro Paese (Maino & altri, 2016). La rete Caritas ha un ruolo centrale nel rispondere a questa emergenza, offrendo un supporto che va oltre la semplice distribuzione di cibo. Tuttavia, la complessità e l’evoluzione di queste pratiche di aiuto spesso non vengono colte dall’opinione pubblica.

La pandemia di COVID-19 ha aggravato queste sfide, causando un aumento significativo delle richieste di aiuto (Caritas Italiana, 2022). Al tempo stesso, ha funzionato come catalizzatore per innovazioni significative nei servizi di assistenza alimentare. Questo articolo esplora come le Caritas dell’Emilia-Romagna abbiano adattato i propri servizi in risposta alla pandemia, trasformando le difficoltà in un’opportunità per ripensare i modelli di intervento.

La pandemia di COVID-19 ha rappresentato una sfida senza precedenti per le 15 Caritas diocesane della regione Emilia-Romagna, come dimostra l’aumento del 16,72% del numero di persone assistite passato da 23.945 a 27.949 fra il 2019 e il 2022 (Caritas Emilia Romagna, 2023). Inoltre i decreti emergenziali hanno imposto cambiamenti significativi alle modalità organizzative, come la sospensione dei volontari over 65, che ha ridotto drasticamente la disponibilità di personale, e l’adozione di misure di distanziamento sociale che hanno richiesto una riorganizzazione dei punti di ascolto e distribuzione.

In risposta, sono stati creati centri di distribuzione temporanei e introdotte consegne a domicilio per le persone più fragili. Questi interventi hanno garantito la continuità del supporto alimentare nonostante le difficoltà operative. Inoltre, la pandemia ha stimolato una maggiore collaborazione tra istituzioni, aziende e associazioni, rafforzando le reti esistenti e promuovendo nuove sinergie.

Questi cambiamenti non solo hanno garantito una risposta immediata alle esigenze emergenti, ma hanno anche accelerato un ripensamento strutturale dei servizi, orientandoli verso un approccio più resiliente e inclusivo.

Terminata l’emergenza sanitaria, le Caritas diocesane dell’Emilia-Romagna hanno intrapreso, o continuato, un processo di riprogettazione dei propri servizi, sviluppato lungo due direttrici principali: il lavoro di rete e la personalizzazione dell’aiuto. 

La prima direttrice si è concretizzata principalmente nella creazione di infrastrutture logistiche centralizzate, progettate per alleggerire i singoli centri parrocchiali dalla gestione quotidiana delle donazioni alimentari. Questa strategia ha permesso di liberare risorse e tempo per concentrarsi sull’ascolto e il supporto relazionale.

Tra le esperienze più significative si segnalano quelle delle Caritas di Reggio Emilia, Modena, Carpi, Bologna, Imola, Cesena. Queste diocesi, in modi differenti, hanno avviato hub centralizzati per raccogliere e gestire donazioni di grandi dimensioni, fungendo anche da centri di acquisto per ottimizzare l’approvvigionamento. Un esempio rilevante è quello di Imola, dove sono stati istituiti più magazzini per supportare i piccoli centri di distribuzione. Nel 2023 è stato inoltre avviato un progetto pilota regionale per creare un centro di acquisto condiviso tra tutte le Caritas diocesane, con l’obiettivo di migliorare l’efficienza e la qualità delle forniture alimentari. A Fidenza, questa stessa logica ha portato alla centralizzazione dei punti di distribuzione in un’unica sede, pur mantenendo nelle parrocchie presidi relazionali per garantire vicinanza alle persone assistite.

La seconda direttrice si è focalizzata sulla qualità nutrizionale e sulla personalizzazione degli interventi. Grazie al progetto regionale di gestione crisi e ritiri dal mercato nelle diocesi di Piacenza, Bologna, Rimini, Reggio Emilia, Carpi e Fidenza è stata intensificata la distribuzione di prodotti freschi. Questo programma regionale prevede l’acquisto di eccedenze agricole per evitarne la svalutazione e la distribuzione agli enti del terzo settore accreditati. A Modena, la collaborazione con l’azienda sanitaria locale ha portato alla definizione di un paniere alimentare che rispetta criteri nutrizionali specifici, con un’attenzione particolare ai prodotti locali e biologici. Analogamente, a Bologna, il progetto “Mensana” ha avviato una mensa dedicata a persone con difficoltà economiche e problemi di salute legati alla nutrizione, offrendo pasti equilibrati e studiati attentamente dal punto di vista nutrizionale.

Anche l’idea dell’emporio solidale ha trovato applicazione in diversi contesti. A Ravenna, nella sua formula “classica” che permette agli utenti di scegliere autonomamente i prodotti necessari, favorendo dignità e autonomia attraverso una tessera a punti. A Carpi, invece, questa riflessione ha portato alla creazione di un “emporio partecipativo”: un vero e proprio negozio che unisce solidarietà e dimensione commerciale. Aperto a tutti, l’emporio genera profitti destinati a sostenere famiglie in difficoltà attraverso carte prepagate o sconti.

Infine, i Progetti di Utilità Collettiva (PUC) sperimentati a Faenza offrono ai beneficiari del reddito di cittadinanza la possibilità di contribuire attivamente alla comunità, rafforzando il senso di appartenenza e utilità. Queste iniziative, che combinano innovazione, sostenibilità e attenzione alla dignità delle persone, non solo rispondono ai bisogni immediati ma contribuiscono a creare un sistema di supporto maggiormente attento alle singole persone e alle storie.

La Caritas di Reggio Emilia-Guastalla ha intrapreso una riorganizzazione significativa dei propri servizi durante e dopo la pandemia. Con l’introduzione delle “mense diffuse” presso sei parrocchie, il servizio alimentare è diventato più capillare e vicino alle persone in difficoltà coniugando l’impegno di aiuto relazionale con le persone senza dimora e l’attività di animazione di comunità.

Parallelamente, il progetto CESARE (Centro di Solidarietà Alimentare Reggiano) ha creato un hub per la raccolta e distribuzione di donazioni alimentari a servizio della rete Caritas ma anche di altre realtà del terzo settore. Questo centro non solo ha migliorato la logistica durante l’emergenza, ma continua a operare come punto di riferimento per il coordinamento delle attività sul territorio.

Inoltre, Reggio Emilia si è distinta per l’attenzione alla qualità nutrizionale degli alimenti distribuiti, grazie a collaborazioni con mercati ortofrutticoli locali. Questo approccio integrato ha dimostrato come sia possibile trasformare una crisi in un’opportunità per rafforzare il tessuto sociale e migliorare la capacità di risposta alle emergenze

L’esperienza delle Caritas in Emilia-Romagna evidenzia il ruolo cruciale del capitale sociale nella risposta alle sfide della pandemia. Le reti di fiducia e collaborazione tra volontari, persone in difficoltà , istituzioni e aziende hanno permesso di mantenere attivi i servizi essenziali e di introdurre innovazioni significative.

Gli hub alimentari, gli empori solidali e i programmi come “Mensana” sono esempi di come il capitale sociale possa fungere da motore per creare un sistema di supporto più efficace e sostenibile; quegli stessi progetti dimostrano anche come sia possibile non solo utilizzare il capitale sociale per creare e far funzionare i servizi ma come quegli stessi servizi producano a loro volta capitale sociale a beneficio della collettività. Queste iniziative non solo rispondono alle esigenze immediate, ma rafforzano le relazioni comunitarie, promuovendo coesione sociale e dignità per le persone in difficoltà.

Le lezioni apprese durante la pandemia dimostrano che il capitale sociale non è solo una risorsa da attivare in momenti di crisi, ma un elemento da coltivare per costruire un welfare più partecipativo e inclusivo. La sfida futura sarà quella di consolidare queste pratiche, rendendole parte integrante di un modello di assistenza che metta al centro le persone e le relazioni e che integri le risorse di tutti gli attori coinvolti. 


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