Negli ultimi anni, l’agricoltura sociale (AS) ha assunto un ruolo crescente come strumento per la riabilitazione, l’inclusione e l’integrazione socio-lavorativa di soggetti svantaggiati, inclusi i detenuti. Questo approccio si concentra sulla ricerca di soluzioni innovative per favorire il reinserimento sociale, distinguendosi come mezzo efficace che non solo offre formazione professionale, ma stimola anche lo sviluppo della responsabilità, dell’autostima e della cooperazione tra i partecipanti.
L’agricoltura sociale adotta un modello multifunzionale, etico e sostenibile, che riduce l’impatto ambientale e contribuisce a ridefinire il welfare su scala locale e rurale, rafforzando legami tra gli attori del territorio. Le attività proposte mirano a generare benefici per le fasce più vulnerabili della popolazione, rispondendo alla crescente domanda di servizi socio-educativi e assistenziali legati al mondo agricolo. Grazie a questa multifunzionalità, l’agricoltura assume una dimensione sociale, aprendo nuove opportunità di reddito e occupazione per le aziende agricole e per i nuovi operatori del settore.

In Italia, l’agricoltura sociale è regolamentata dalla Legge 141/2015, che promuove interventi sociali, educativi e di inserimento socio-lavorativo per garantire un accesso uniforme ai servizi essenziali su tutto il territorio. La normativa prevede, tra le sue aree di intervento, l’integrazione lavorativa delle persone svantaggiate, secondo la definizione giuridica stabilita dalla Legge 381/1991 e ampliata dalla Legge 193/2000, nota come Legge Smuraglia, che include anche i detenuti e i condannati ammessi a misure alternative alla detenzione. La Legge Smuraglia oltre ad ampliare la categoria delle persone svantaggiate, introduce incentivi contributivi per cooperative sociali e imprese che assumono o offrono opportunità lavorative a questi soggetti, con l’obiettivo di favorirne l’integrazione socio-lavorativa e promuovere percorsi di reinserimento.
Focalizzando lo sguardo alla comunità dei detenuti, tradizionalmente, al lavoro penitenziario è stata attribuita una funzioni afflittiva; tuttavia con la riforma penitenziaria del 1975, in linea con l’art. 27 della Costituzione, esso ha assunto un ruolo fondamentale nel processo di rieducazione e reinserimento sociale dei detenuti. Alla fine del 2023, nelle carceri italiane sono presenti 60.166 detenuti, ma solo il 33% è coinvolto in attività lavorative, di cui l’85% alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria e il 15% alle dipendenze di Enti esterni. Il lavoro agricolo nelle carceri italiane si svolge principalmente nei tenimenti agricoli di circa 40 istituti penitenziari e nelle colonie penali agricole in Sardegna e Toscana, dove i detenuti producono vari prodotti. Nelle colonie sarde, ad esempio, si producono miele, latticini e olio con il marchio “Galeghiotto”, oltre a polline e pomodori essiccati. Nella colonia agricola dell’isola di Gorgona viene invece prodotto il vino “Gorgona”, nell’ambito del Progetto Sociale di Frescobaldi, avviato nel 2012 e finanziato dalla Cassa Ammende del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. Questo progetto è frutto della collaborazione tra la direzione della casa di reclusione di Gorgona e l’azienda vinicola toscana Marchesi de’ Frescobaldi.
Nella regione Sicilia, diversi istituti penitenziari hanno avviato progetti agricoli per favorire l’inclusione socio-lavorativa dei detenuti. Presso l’Istituto Penale per i Minorenni di Catania Bicocca, nel 2021 è stato creato l’orto biologico “l’Orto in IPM di Bicocca”, destinato sia al consumo interno sia a iniziative di solidarietà. Nella casa circondariale di Caltagirone sono state installate serre e arnie per la produzione di miele, mentre a Enna si coltivano bulbi di zafferano. A Siracusa, la cooperativa L’arcolaio gestisce un laboratorio di dolci biologici, e a Ragusa la cooperativa Sprigioniamo Sapori produce torroni e dolci certificati da ICEA. Alla casa di reclusione “Ucciardone” di Palermo è stato realizzato un impianto per la produzione di pasta, in collaborazione con Giglio Lab, mentre il progetto “Cotti in Fragranza” presso l’Istituto penale per minorenni Malaspina coinvolge i giovani detenuti nella produzione di biscotti.
Uno dei progetti più innovativi e significativi nella regione è l’orto “umoristico” rigenerativo “Libere Tenerezze, Laudato Sì” del carcere di Ragusa. Nato nel 2020 grazie ai volontari dell’associazione di clownterapia “Ci Ridiamo Su”, il progetto è iniziato con la donazione di semi ai detenuti, uno dei quali ha chiesto di poterli piantarli in un’area della struttura. L’iniziativa è diventata così parte integrante delle attività trattamentali della struttura, grazie a un accordo formale con l’amministrazione penitenziaria e al supporto del Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria.
Il progetto mira allo sviluppo di competenze agricole che facilitino il reinserimento sociale concentrandosi sull’agricoltura rigenerativa, che promuove la sostenibilità ambientale e socio-economica attraverso il miglioramento dello stato del suolo, la biodiversità e le policolture utilizzando probiotici e tecniche a rotazione stagionale.
Rivolta principalmente ai detenuti assegnati al lavoro esterno (L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 21), l’attività si svolge su tre appezzamenti dell’istituto: due, rispettivamente di 280 e 130 mq, dedicati alla coltivazione di ortaggi stagionali, e uno più ampio di 2.500 mq, destinato alla creazione di un arboreto.
Attraverso l’attiva partecipazione all’orto e i successi nella cura delle piante e nella produzione agricola, si mira a favorire l’autostima ed il senso di autoefficacia nei detenuti. Il nome “orto umoristico” rispecchia un approccio innovativo che unisce l’agricoltura tradizionale alla comicoterapia, integrando gli aspetti agronomici con quelli relazionali. L’attività agricola offre ai partecipanti l’opportunità di acquisire competenze pratiche, connetterti con la natura e produrre cibo sostenibile, mentre la comicoterapia introduce momenti di svago e distrazione, promuovendo espressione libera, relazioni significative e benessere emotivo.
Il progetto include anche il coinvolgimento delle comunità esterne, creando un “ponte” tra la struttura carceraria e la società. Attraverso attività di sensibilizzazione rivolte a studenti, genitori e insegnanti, si trasmette un messaggio etico e si favorisce il superamento degli stereotipi sui detenuti, valorizzando le loro esperienze quotidiane. Queste iniziative stimolano un dialogo aperto sulla realtà carceraria, favorendo comprensione e solidarietà e contrastando pregiudizi. Il coinvolgimento di reti sociali, come studenti e famiglie, è essenziale per contribuire a cambiare atteggiamento e mentalità nei confronti di chi vive l’esperienza della reclusione.

Il progetto “Libere Tenerezze, Laudato sì – Orto Umoristico Rigenerativo” nel carcere di Ragusa rappresenta un esempio concreto di come l’agricoltura sociale possa favorire l’inclusione, la riabilitazione e la costruzione di relazioni positive, creando un ponte tra l’ambiente carcerario e quello esterno. Questo modello dimostra che l’agricoltura può diventare un efficace strumento d’integrazione per persone svantaggiate come i detenuti. Iniziative come questa non solo migliorano la qualità della vita all’interno delle strutture di detenzione, ma generano anche un impatto positivo nelle comunità, promuovendo inclusione, sostenibilità e solidarietà.
Approfondimenti
Privitera D., Scuderi A., Selvaggio I., Zarbà C. (2024). Beyond social agriculture: rehabilitation and sustainable practices in penitentiary contexts. In Fassi D., Food procurement and short food value chains. An analysis of case studies in public and private realms. Milano, Italy: Franco Angeli (pp. 87 – 99)